lunedì 19 dicembre 2011

galline meccaniche covano uova sintetiche

Scusate oggi sono di cattivo umore, il che capita spesso, lo so, per cui saltate pure questo post, non leggetelo, se lo leggete poi non ditemi che non vi avevo avvisato. Si tende a spostare l'attenzione sui soldi, come se ci fosse un diritto ai soldi, alcuni parlano di reddito minimo garantito, come se stampare una banconota equivalesse a creare ricchezza. Non è così. Chi lo pensa è ignorante, chi lo afferma è ignorante e pure pericoloso, il che fa di lui un imbecille che dovrebbe starsene a casa, andare a spalare la merda, non in tv e sui giornali, in quel circo barnun che è diventata la politica e l'informazione in molti paesi del mondo, Italia compresa. Stampare moneta non crea ricchezza, non innesca l'osannata crescita di cui si riempie la bocca anche il tuttologo dei giardinetti, il reddito minimo garantito, come qualunque manovra monetaria espansiva non suffragata da necessità sistemiche provoca solo svalutazione e inflazione. Capisco che piacciono a chi vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma lo dovrebbero dire: signori, voglio farvi diventare poveri, voglio tassare redditi e risparmio, perché è quello che fa l'inflazione e la svalutazione, rende carta straccia le banconote, chi ha messo via dei soldi che oggi valgono 100 domani varranno 10. Per quello conviene sempre far debiti nei paesi governati da classe dirigenti social-buffonesche come la nostra, dove lo stato per primo è così indebitato da avere interesse nell'ammazzare il potere d'acquisto della propria moneta. Noi viviamo in un paese così, l'Italia, soffocati dalla retorica e dalla propaganda, dove stai zitto perché anche urlare non serve a niente, se non lo dice un comico alla tv non ha valore, e il comico deve essere schierato politicamente.

Quindi potete comprare valuta straniera o indebitarvi nell'attesa che esploda la bomba inflattiva, non ci sono altre soluzioni nei paesi socialisti, anche se a molti preferiscono definirsi keynesiani, si camuffano perché non va più di moda dirsi socialisti, ma attaccano comunque liberisti e liberali, sbertucciano il capitalismo perché è facile nei paesi liberi profetizzare rivoluzioni per raccogliere il malcontento, che non difetta mai, la gente è sempre arrabbiata per qualcosa contro il governo, e diventare ricchi e famosi. Vi prendono per il culo, no, non quelli che rischiano la pelle per realizzare una forma qualunque di civiltà organizzata, ma quelli che vi dicono che se non siamo diventati ricchi è colpa di chi ci governa, ci ha governato, ci governerà. Gente, popolo, quando capirete che la politica è tutta una presa per il culo sarà sempre troppo tardi. L'unico sbocco che può avere la politica delle illusioni è la dittatura, e quando lo diventa allora stanno zitti anche coloro che nei paesi liberi si potevano permettere di fare casino. Perché quando il benessere finisce finisce anche la libertà. Lo ripeto per venire incontro alle limitate capacità mentali di certi buontemponi: la libertà è vincolata al benessere, se finisce il benessere finisce la libertà, la pace, la giustizia, tutto quanto. Immaginate solo cosa accadrebbe se domani mattina i supermercati fossero chiusi, se gli scaffali fossero vuoti, se il cibo aumentasse di prezzo e costasse troppo anche per chi riceve soldi gratis dallo Stato per starsene buono. È per il pane, per la fame, che scoppiano le rivoluzioni, con buona pace di chi è cresciuto a pane e mitologia eversiva. E conosco pazzi scatenati che ridacchiano all'idea che un popolo ridotto alla fame sia un prezzo tutto sommato modesto da pagare se innesca il Cambiamento, la Svolta, l'Avvento della Nuova Era.

Questa è l'Italia oggi, una civiltà illusoria, e come l'Italia molti altri paesi post-industriali che scommettono sull'economia digitale per allontanarsi ancora di più dai settori primario e secondario. Per chi non lo sapesse, facile in un pese di semianalfabeti come l'Italia, pieno di laureati che non sanno nemmeno leggere e scrivere in italiano corretto, il settore primario è quello agroalimentare, la terra, il bestiame. Il secondario è l'industria, la chimica, l'acciaio. Il terziario è tutto il resto. È da qui che nasce la folle idea che anche il denaro si sia terziarizzato, per via di strumenti finanziari derivati che lo hanno reso concreto, così che stampi moneta e crei ricchezza, che è come dire che il cibo cresce sugli scaffali del supermercato, che le macchine le costruiscono i simpatici aiutanti di babbo natale. È pazzesco, lo so, ditelo a me che ogni giorno leggo articoli e assolto esponenti delle classe dirigenti sparare cazzate galattiche sulla crisi e su come risolvere la crisi e sui colpevoli della crisi. Non so nemmeno perché butto il tempo a oppormi al carrarmato mediatico dell'informazione come quel tizio cinese, è come gridare all'angolo di una strada mentre ci sono ovunque i megafoni di ho chi min che ripetono nastri registrati, tazebao di propaganda su tutti i muri, gente iscritta al Partito che picchia come dissidente o collaborazionista chi non se ne sta zitto e buono a testa china. Questa è la politica, menarsi per vincere le elezioni e gestire il denaro pubblico per darlo agli amici e ai sostenitori, anche in termini di posto di lavoro. Se non lo avete capito, e non lo avete capito, lo dimostrano i milioni di persone che non hanno gli strumenti intellettuali per capire qualcosa di più complicato delle regole del gratta e vinci, allora ve lo meritate di essere trattati come scervellati da chi esercita il potere.

Siamo una società di deficienti, senza offesa, governate da deficienti, senza offesa, e informate da deficienti, senza offesa. Questo è, così è, rassegnatevi, mettetevi il cuore in pace, era così secoli fa, anche se viene il sospetto che col tempo le cose siano solo peggiorate, è così ora e sarà così anche un domani. Ciò che volevo spiegare in questo post è molto più semplice, riguarda l'importanza sottovalutata del settore primario e secondario, sì, voglio denunciare la pericolosità insita nel progressivo abbandono di campi e stabilimenti. Vogliono tutti lavorare in ufficio, diventare medici avvocati commercialisti, al massimo liberi professionisti che denunciano redditi da poveracci e fanno la vita da milionari. Nessuno vuole nemmeno sentir parlare di agricoltura o di fabbrica, al massimo i camerieri, temporaneamente, mentre finiscono gli studi e si mettono in fila per un posto da professore. Guardiamoci in faccia, ditemi che non è vero se avete il coraggio. Produciamo pasta, per esempio, con farine provenienti da chissà dove. Importiamo carne e latte. Il pesce sta sparendo da tutti i mari per eccesso di pesca, mediterraneo compreso. Non solo si diffondono malattie rapidamente per il movimento materiale di merci e persone, ma specie importate distruggono ecosistemi. Questa è la realtà, altro che finanza e titoli derivati e armonizzazione fiscale dei paesi aderenti alla moneta unica. Questa è l'economia che produce ricchezza: campi che producono più grano di quello usato per seminarli, bestiame che si riproduce, questa è la base di qualsiasi economia. Tutto il resto funziona a corrente o a benzina. Il profitto non è che questo: la differenza fra quante pocere ho oggi e quante ne avevo l'anno scorso. Non è un peccato, non è immorale, il profitto è un fatto, è la misura della ricchezza prodotta. Lo si misura in soldi perché i soldi sono l'unico modo di capire se una pecora vale più di un maiale, traduci in soldi, esprimi un valore monetario. Basta con le cazzate che spara chi non sa niente di economia, basta con questo clima da inquisizione nei confronti dei soldi, della ricchezza, la ricchezza è materiale, non finanziaria, se stampo una banconota con su scritto vale una vacca non vuol dire che da oggi al mondo c'è una vacca reale, concreta, in più. La ricchezza la si produce materialmente ed è sottoposta a vincoli materiali precisi: una mucca produce al massimo tot litri di latte, non puoi modificarla geneticamente affinché produca nafta, non puoi farla diventare grossa come un palazzo. Se produci un miliardi di palline dando lavoro a un miliardo di persone ma quelle cacchio di palline non se le vuole comprare nessuno da quando c'è sulla piazza chi le produce e vende a metà prezzo è inutile che te la prendi con gli speculatori di Betelgeuse sulle loro astronavi fatte di soldi. Ci sono dei vincoli, il più importante tutti è l'intero pianeta, quanta gente può sopportare il pianeta, che livello di benessere massimo è consentito e per quante persone. Se non si capiscono o si negano per motivi elettorali queste relazioni fisiche semplicissime è inutile parlare di economia e di politica.

Lo ripeto a voce alta per chi ha problemi di comprendonio: tutto il resto va a corrente o a benzina. La corrente devi immagazzinarla dentro a batterie (o enormi bombole di idrogeno, certo certo, è arrivato lo scienziato ecologista della domenica, prego si accomodi, che l'idrogeno scoppia, te lo dico così, en passant, scoppia, e molto, idrogeno essere sostanza che scoppissima facile facile), sai quante batterie ci vogliono se domani mattina le centrali elettriche a carbone, petrolio, e atomica chiudono? Sai che il petrolio non si produce ma si estrae e un giorno finisce? Mi sembra di dire cose rivoluzionare e invece sono banalità che nessuno dice, anzi, le nasconde, meglio dare la colpa al denaro. Il petrolio e l'energia elettrica hanno consentito alla popolazione mondiale di crescere fino ai sette miliardi attuali. L'industria e il terziario hanno assicurato un benessere diffuso il quale a sua volta ha permesso ai governi di abbandonare l'uso costante e normale della forza per il mantenimento della pace sociale e dell'ordine e per la difesa della sicurezza e del diritto. Se la gente sta bene, ha lo stomaco pieno, vive a lungo, non viene picchiata o violentata per strada, insomma è normale che poi la morte diventi un tabù, che tutti vogliano vivere per sempre su questo pianetino o su un altro, più pulito, meno corrotto, nella galassia vicina. Oggi se dici campi o dici stalle la gente si spaventa, ti guarda come se gli fai schifo, si immagina le mani rese nodose dalle vesciche, la puzza di merda di vacca e di gallina, si immagina il gesto di ammazzare un animale e sbudellarlo e scuoiarlo per poi mangiarselo. Le nuove generazioni si aspettano che non si torni indietro, pretendono che il lavoro sporco lo facciano altri individui non meglio precisati, forse i robot di alfa centauri. Le nuove generazioni vogliono passare dalla paghetta per fare cose piacevoli e chiamarle lavoro alla pensione per fare cose piacevoli e chiamarle hobby. E per fare tutto questo basta stampare banconote della nostra bella valuta nuova e forte, c'è pieno di straccioni là fuori, miliardi di disgraziati da schiavizzare e il bello è che loro ti devono ringraziare e tu passi per il loro salvatore. Ricordatevelo quando incontrate l'ennesimo sepolcro imbiancato che mente sapendo di mentire o che non sa nemmeno di cosa sta parlando. Anzi, non ricordatevelo, dimenticate tutto quello che vi ho appena detto, altrimenti vi rovinate l'umore, meglio dare ascolto a questi quattro deficienti che danno la colpa al nemico ideologico e promettono che presto arriverà il salvatore, come nei film, l'eroe, il predestinato, l'eletto, a sistemare tuttecose. Si basano sul passato, quando l'opec alla fine aumentava la produzione di petrolio, quando si aprivano nuovi mercati per le esportazioni, le solite ricette che hanno imparato dai nonni mandandole a memoria senza nemmeno capirle e che oggi, ancor di più domani, non hanno più senso. D'altronde non hanno dato spazio a intere generazioni, la mia per esempio, e se glielo fai notare ti dicono che dovevi prendertelo, il potere, con la ribellione, come hanno fatto loro, i sempre giovane anche se cado a pezzi, i sicari che non mollano la presa sul collo né dei padri, strangolati ai tempi, né sui figli, strangolati in seguito. La generazione degli asfissianti, altro che del baby boom, la generazione che ti toglie l'aria, la generazione degli idioti simpatici.


venerdì 9 dicembre 2011

Effetto Franzen.

Si tende a non parlare del presente, a tenere per sé le riflessioni sul presente, per evitare complicazioni, implicazioni, ritorsioni, per evitare di dare l'impressione di vantarsi o di lamentarsi, di fare i drammatici o i superficiali, perché non va mai bene come sei, quel che fai, come ti rapporti a, il modo in cui reagisci. Nel presente si naviga a vista se si ha un minimo di intelligenza o di esperienza, di sensibilità o di educazione, altrimenti si procede a carrarmato, conosci anche tu quelli che sanno tutto loro, che ti insegnano come si fa, che si stupiscono di te perché non gridi, non ti ribelli, che se non ti imponi non ottieni, che ti devi conquistare tutto, che hai diritto a tutto. Nel presente, parlo per me, si tende a evitare lo stress, si passa gran parte del tempo a prepararsi per subire lo stress, e col tempo le fonti di stress si moltiplicano, perfino l'assenza di fonti di stress diventa una fonte di stress. C'è un tempo in cui fai tutto quello che devi fare perché è quello che ci si aspetta da te, studi latino, per esempio, anche se il latino è una lingua morta che ti fa schifo al, stai nel traffico cantando l'ultimo successo alla radio, e quando ti viene da riflettere a te come corpo vivente in una scatola e ti viene da chiederti perché, che senso ha, scacci i pensieri, gridi contro un altro automobilista che tanto mica ti sente, mica ti vede, mica se ne accorge, e se ne sbatte se pure ne accorge, dato che ti sei appoggiato sul clacson e sputi saliva con gli occhi invenati come una scimmia resa pazza da una consapevolezza crudele.

C'è un momento nella vita in cui si supera una frontiera, anzi, ci sono molti momenti così, ma oggi voglio parlare di una frontiera particolare, quella che da un po' mi ci riferisco come effetto Franzen. Non perché sia imputabile a Franzen, solo perché mi sono accorto di esserci entrato mentre leggevo Franzen. È una frontiera simile al presente, di cui non si parla per tanti motivi, fra i quali il problema di prospettiva, che quando lo si vede per intero il presente è andato, è troppo lontano. Come quegli anziani che hanno la faccia tosta di farti capire che ci sono già passati, che non ti invidiano la presenza di spirito che ti causa struggimento e ti rende famelico, gli anziani che annuiscono e ti dicono passerà, starai meglio, come a dire tu finirai o non finirai come me, tu troverai la via, la verità e la vita, andrà tutto bene, sei nato per dimostrare che ho ragione, che è possibile, che non farai i miei stessi errori. Gli anziani che esibiscono quella patina di menefreghismo egoista con la pretesa che venga scambiata per la superiorità e il distacco tipici di chi ha capito l'importanza di, il segreto della, che ha trovato i soldi per pagare i conti del dolore, della colpa, degli errori di gioventù. Gli occhi di chi è soddisfatto oppure no, di chi è stato svuotato e riempito troppe volte, di chi si aspettava chissà cosa ma va bene così, la grande consolazione di sapersi accontentare senza cadere nell'abuso di farmaci.

Lo chiamo effetto Franzen quello che interrompe il meccanismo di implicazione, di adesione formale, alle liturgie della civiltà, l'immedesimazione con il teatro pubblicitario, i media come anfiteatro dove si mangiano i poveri, gli sfigati, i perdenti, i malati, dove si impara a evitare tutto ciò che potrebbe identificarci con la parte sbagliata della società, quella brutta, vestita male, coi denti storti, claudicante. La frontiera della partecipazione, dove perdono peso le balle dei politici più invitati e le opinioni dei giornalisti più cliccati, dove le statistiche puzzano e le battute dei comici sono meno tristi delle risate che provocano. L'effetto Franzen è quando sai che l'ennesimo prodotto di intrattenimento non sarà soddisfacente, va persa una chiave, come nell'assuefazione, serve musica a volume sempre più alto, serve più violenza, più parolacce, più sesso, altrimenti non mi diverte più, e alla lunga subentra l'anestetico, l'arto fantasma che succede l'amputazione, o l'atrofizzazione dell'organo del piacere, una forma di atarassia colma di panico, come quando ti rendi conto di essere sul punto di annegare. L'effetto Franzen che riconosci come un'eco che al posto di ridursi progredisce diventando assordante, l'eco di tutte le volte che hai abbandonato qualcosa o qualcuno, certi giocattoli, figurine fumetti favole, telefilm, certe canzoni e certi libri che avresti giurato inestinguibili, che alcuni – saranno sinceri o solo stupidi? - si portano dietro fino alla morte come legati da un patto di sangue, un debito perenne per aver riempito vite così ristrette da stare dentro a un ditale.

Non possiamo parlare del presente e non possiamo mangiare a stomaco pieno, l'effetto Franzen ti provoca la nausea, non riesci più a leggere libri che ti sembrano tutti uguali, film che ricalcano trame abusate, e ti chiedi quanta vita hai davanti e come farai a riempirla, dove troverai sostanze in grado di scatenare nel tuo corpo la soddisfazione, anche piccola, anche temporanea, la voglia di costruire che ti viene quando ti danno i componenti di un oggetto mai visto prima, dal funzionamento inimmaginabile, e un manuale di istruzioni scritto in una lingua sconosciuta. L'effetto Franzen è quando la probabilità che succeda viene percepita come mutata drasticamente verso il basso, quando inizi a chiederti se è normale trovare interessanti i documentari, quando ti accorgi che è da qualche giorno, mese, anno, che hai preso la folle abitudine di, quando leggi un libro che qualche anno l'avresti buttato via dopo due pagine, quando scopri di avere più pazienza del necessario, e annuisci a un giovane incazzato, gli dici tu devi conquistare il mondo, tu hai diritto al meglio, tu sei pieno di energia, se una bomba a orologeria, tu devi fare cento figli, diventare miliardario, comandare gli eserciti, ma soprattutto ritardare gli effetti Franzen, devi restare stupido, ignorante, animalesco, la tua odiosa naturalezza è ciò che ti tiene al riparo dall'autodistruzione, il sapere ti avvelena, giovane Icaro, l'intelligenza ti uccide, benvenuto a Pandemonio. 



lunedì 5 dicembre 2011

crescita e progresso

La maggior parte dei ragionamenti sull'economia di chi non sa niente di economia sono l'equivalente di chi va a bestemmiare in chiesa e non ha mai aperto un libro di filosofia. Gli ottimisti ritengono che sia uno dei tanti problemi risolvibili aumentando l'istruzione. C'è questa diffusa credenza popolare che certi comportamenti siano dovuti a scarsa istruzione. Si percepisce una certa vergogna di fronte alla possibilità di fare affermazioni più drastiche, per esempio che gli esseri umani si differenziano sotto moltissimi aspetti, uno dei quali è l'intelligenza, declinata in capacità di capire, in comprensione emotiva, creatività, percezione dei modelli, strutturazione dei concetti e via dicendo. Una delle grandi bugie dei nostri tempi, una delle tante, è che l'intelligenza sia una variabile neutra, che dipenda tutto dall'istruzione, intesa non come educazione o rieducazione delle masse, perlomeno non esplicitamente, quanto la sensibilità dell'animo di chi accede alle nozioni e le fa proprie. E le nozioni devono essere quelle giuste, suggellate dall'imprimatur del pensiero unico dominante, le nozioni che trasformano magicamente un deficiente egoista violento, per dire, in un gentile cittadino altruista, laico e progressista. L'intelligenza è una discriminante non soggetta a procedure democratiche egualitarie e solidali, come tale dev'essere rifiutata come elemento discriminatorio che distrugge il tessuto sociale e vanifica la prosperità. Lo capite anche voi in che melassa propagandistica nuotiamo. Il sessantotto a noi ci fa il solletico, siamo diventati una dittatura ideologica che il grande fratello scappa a piangere dalla mamma. In questo ambiente culturale si deve muovere con attenzione e delicatezza chi non riesce a omologarsi e conformarsi, specialmente in tempi di crisi economica dove finalmente ci sono un po' di poveri incazzati da lanciare contro i nemici: i ricchi, lo stato, la chiesa e vari nemici del popolo a piacere. Questo è la parte di follia politica che chiameremo del progresso, per distinguerla dalla follia economica che chiameremo della crescita.

La crescita del fatturato, delle quotazioni, del prodotto interno lordo, della produzione, del reddito, del benessere. Se dal lato della politica sono così pazzi da proporre teoremi assurdi come l'istruzione come strumento in grado di supplire alle varie forme in cui si esprime l'intelligenza umana, il che è come dire che se fai copulare con belle donne un uomo egoista e violento quello ti diventa San Francesco, dall'altra parte non sono meno pazzi quando applicano funzioni matematiche che ipotizzano crescite reali insostenibili. Sono vere e proprie malattie mentali collettive. Nel singolo si capisce che uno è matto quando lo vedi che si pianta una forchetta nella mano o grida contro il muro, quando invece la follia è collettiva fai più fatica a riconoscerla, se non hai termini di paragone. Perché i regimi impediscono al popolo di ricevere informazioni oltreconfine? Non solo i comunisti, tutte le dittature non vogliono che si abbiano termini di paragone in grado di far capire alla gente che si è in presenza di una follia collettiva. Ecco perché i media ci riempiono la testa di cazzate tipo la colpa di tutto questo è della finanza e dei suoi diabolici meccanismi capitalistici, o che devono pagare gli evasori, i ricchi, i cocainomani col suv. Spero per voi che abbiate il minimo di intelligenza e di istruzione sufficienti a capire che sono cazzate perché io non ho più tempo da perdere né voglia di spiegare, si fa prima a lasciar perdere, sono talmente tanti i matti ignoranti e stupidi là fuori che più li lasci in pace e meno c'è il rischio che se la prendano anche con te. È più furbo, che brutta parola, furbo, ma alla fine è quella che ti salva, gli italiani la conoscono bene, quando la politica e l'economia si separano dalla realtà, e lo fanno spesso e volentieri, la follia è assicurata passando dall'individuo alla massa, dalla concretezza all'astrazione, la cosa migliore rimane approfittare degli spiragli, delle contraddizioni, delle opportunità. Questo fanno gli italiani, oggi più che mai: sopportano la follia del potere che si esprime nei rapporti di forza economici e politici, che utilizza i media per condurre il gregge degli elettori, stupidi e poco istruiti, raccontando fesserie.

Quando si è giovani si tende a classificare come meschino e rinunciatario l'atteggiamento di chi non tende alla realizzazione di futuri meravigliosi a portata di mano, di chi non partecipa in modo attivo alla vita politica. Col tempo si impara che fra i tanti modi a disposizione per buttare via il tempo, quello dell'idealismo è fin troppo simile al sacrificio dei bonzi, l'ascetismo masochista della politica appare per quello che è: la speranza di chi non ha niente di meglio su cui scommettere, la stolta promessa di un paradiso in terra, la cerca del graal, o la confortante sensazione di far parte di un gruppo su cui fa leva il cinico o l'ingenuo populista di turno. Perché al dunque la politica si riduce a questo: un lavoro come un altro, trafficare coi soldi delle tasse e coi i posti di lavoro negli stipendifici pubblici, dall'istruzione alla sanità alla sicurezza alla municipalizzate, nei panni di un vescovo del partito-chiesa che tessera i fedeli-elettori. Nel frattempo passano gli anni, i decenni, si è troppo vecchi per confessare di aver sprecato mezza vita a inseguire sogni ascoltando balle, i giovani vi guardano come esempi mentre percorrono le vostre tracce e non riuscite a dir loro che non portano da nessuna parte, che non siete stati buoni padri, non siete nonni saggi come il babbo natale sulle lattine della cocacola, e continuate a vendere la vostra religione di sentimenti hollivudiani, eroismi postindustriali, fede nella scienza e nel domani è un altro giorno, il pacchetto culturale della follia collettiva, leccato e infiocchettato per bene. Questa è la parte politica, quella economica si compenetra e si realizza nel benessere facile e abbondante per tutti, nei consumi che tirano la produzione che tira il lavoro che tira il welfare che tira le tasse che tira. È la follia del marketing, più pazzi dei politici ci sono solo i tizi del marketing, quelli che li chiama il direttore generale e gli chiede come intendi aumentare il fatturato, dobbiamo espandere i margini, ci serve di fare più soldi soldi senza rompere il giocattolo e allora quelli del marketing tirano fuori l'equivalente delle cazzate politiche, dicono usiamo i soldi dei clienti acquisiti per favorire l'ingresso di nuovi clienti, scomponiamo l'offerta in cinque miniofferte applicando modifiche unilaterali al contratto e rendiamo difficoltoso ai clienti la procedura per disdettare. Senza parlare delle illusioni propinate con la promozione e la pubblicità.

Crescita e progresso sono emanazioni culturali del sistema produttivo industriale (e non del grado di libertà economica di uno Stato, minimo nello statalismo, massimo nell'anarchia). In crisi ci sono andati i valori del progresso e della crescita (e non il capitalismo dopo il già avvenuto crollo del comunismo). La follia collettiva consiste nel non riconoscere e ammettere il vincolo che esiste tra benessere materiale (ovvero capacità di sfruttare risorse naturali, se ce ne sono, o know how, o costo del lavoro e altri fattori di vantaggio concorrenziale – si parla di funzioni economiche reali, concrete, che non dipendono dal grado di prevalenza del pubblico comunistoide o del mercato liberistoide) e possibilità di utilizzare parte dei guadagni realizzati dal sistema produttivo nel suo complesso per spenderli in politiche progressiste, dove si aspira a società utopisticamente perfette che non sono e non saranno mai a costo zero. Adesso ci si lamenta che il giocattolo si è rotto perché non fornisce più i soldi che servono a creare la società dell'ammmmore e si grida, si pretende, si ordina alla politica di aggiustarlo, così, come se fosse solo questione di volontà, come se bastasse bastonare i mercati, gli speculatori, come se ci fossero colpevoli esterni che ci stanno facendo la guerra, come se non si trattasse di costo di petrolio e gas, di costo del lavoro, di debito pubblico, di Cina nel wto con i suoi miliardi di cinesi poveri che lavorano come schiavi, di un tessuto microimprenditoriale privo di potere contrattuale e di economie di scala, di infiltrazioni di stampo mafioso, di Africa infernale fatta di signori della guerra e carestie. Gli stupidi e ignoranti e matti guardano solo dentro al loro piccolo giardino, affermano che andava tutto bene fino a quando qualcuno ha sbagliato, ci ha ficcati in questo casino, che se ci fosse stato al governo un altro (Chi? L'ennesimo uomo della provvidenza? Un condottiero? Un imperatore straniero?) non avrebbe permesso l'avverarsi di questa situazione spiacevole e adesso saremmo come la Scandinavia, avremmo i soldi che ci escono anche dal bu