venerdì 25 febbraio 2011

L'importanza del greggio

Sono molto affascinato dallo steampunk. Si tratta di oggetti ripensati, riprogettati e ricreati con un vincolo preciso: i derivati del petrolio non sono ancora disponibili, oppure il petrolio è finito (prima o poi succederà). La maggior parte di questi oggetti non funziona o funziona solo in quanto è racchiuso all'interno un prodotto già disponibile sul mercato, pieno di plastica e altri componenti che devono la loro esistenza al petrolio. Lo steampunk ipotizza l'utilizzo di legno, ottone, vetro, materiali molto più nobili, rari e costosi della plastica. La presenza di tubi, valvole, misuratori analogici con la lancetta che si muove lungo un percorso millimetrato, tasti e leve e manopole, rende queste opere d'arte il simbolo di un'età antica così come futura, rivelando la natura provvisoria del tempo in cui viviamo, la parentesi del petrolio che è da considerarsi l'unico e autentico motore del progresso esponenziale degli ultimi tempi.

Quando finirà il petrolio svanirà anche l'illusione su cui si fonda l'ottimismo che scaturisce dal benessere, il benpensare delle anime nobilitate dal senso di colpa che trasuda dallo stile di vita dei paesi ricchi, quelli che fino a ieri definivano i poveri come sottosviluppati. La parola d'ordine dello sviluppo, della crescita, di pance sempre più gonfie, vite sempre più lunghe, sorrisi sempre più larghi, la vita come un giro sulla giostra: senza problemi, divertente e spensierata. Lo steampunk mi ha fatto sbocciare in testa l'idea che quegli oggetti non dovrebbero sembrarci così strani, irrealistici, degni di un mondo fantastico, perché sono del tutto ammissibili in una realtà senza petrolio, sono gli oggetti che avremmo, o che avremo in futuro, tra le mani se non ci fosse il petrolio e un'intera economia mondiale fondata sul suo sfruttamento. Senza contare gli effetti sulle popolazioni che ci campano, sull'estrazione.

Parliamo spesso di fonti di energia alternative, possibilmente ecologiche. Ammesso che l'umanità non abbia già innescato un processo di estinzione irreversibile, sentiamo ogni giorno profetizzare futuri entusiasmanti, le solite cose da secoli: vivremo a lungo, macchine volanti, energia abbondante a costo pressoché nullo, fine della violenza, fine dell'ignoranza, fine delle razze, delle religioni, delle differenze in generale. Un mondo alla Star Trek dove il cibo esce da un distributore automatico che lo ottiene riciclando la nostra stessa merda in un circolo chiuso, dove le uniche differenze sono nel colore della calzamaglia che siamo autorizzati a indossare la mattina, dove il chirurgo opera con una penna colorata al posto del bisturi e quello più stupido gioca a scacchi su cinque piattaforme in tre dimensioni.

Non so voi, ma io non credo più al fulmicotone, propendo invece per un ritorno per nulla indolore a un passato sicuramente migliore di quello che fu, ma di certo anche peggiore dei molti futuri coi quali ci tengono su di morale ma che mai si realizzeranno. Fate caso alle differenze tra oggi e, quanto facciamo, due secoli va bene o facciamo quattro secoli fa? Il tempo che ci vuole per spostarsi da Bergamo a Milano è lo stesso di quando si viaggiava con carretto trainato dal cavallo, anche se ora usiamo macchine che possono raggiungere i 200 all'ora. Si muore come allora di malattie incurabili, difetti genetici, incidenti. Si lavora molto di più di quanto si facesse allora, si è molto più tristi e ansiosi e preoccupati. Le guerre ci sono ancora, così come i delinquenti o i pazzi che ti uccidono per soldi, per sesso o così, senza un vero motivo, per divertimento.

Se non ci fosse il petrolio useremmo telefoni cellulari a vapore? Ci sposteremmo a centinaia, a migliaia, spesso senza motivi fondati, magari in aereo per passare una settimana diversa dal solito dall'altra parte del mondo? Come sarebbe il presente in una realtà senza petrolio, è un tema affascinante da esplorare, avremmo cieli anneriti dalla fuliggine di carbone? La gente si comporta davvero come se usare il petrolio fosse normale, come se non dovesse mai finire, e la parentesi di alienazione in cui sguazza la cultura (Moderna? Post-moderna? Occidentale? O possiamo chiamarla petrolifera?) perdura e riproduce l'autoinganno dell'infinito, ovvero delle cose andranno sempre meglio, ce ne sarà sempre di più e ce ne sarà per tutti. Peccato che la Terra ha dei limiti, non può produrre un'infinità di roba per soddisfare un'infinità di persone.


(Immagine: 'Steamnocchio' by Fabricio Moraes, CGS Image Master Award winner)

venerdì 18 febbraio 2011

Hive mind.

Sottotitolo: ovvero dei bambini, della morte, del branco, degli Avatar e dei Borg, e dei comunisti che li mangiano, i bambini.

Quando non fornisci ai bambini gli strumenti per sviluppare il senso critico, l'esercizio dell'intelligenza finalizzato alla cernita e alla valutazione di concetti e valori affinché possa venire sviluppata l'individualità consapevole, strutturata sulla base di convinzioni personali meditate e liberamente scelte. Quando viene impedito il verificarsi del processo spontaneo di potenziamento del senso critico e la sua carenza nel tessuto sociale si evidenzia come una forte anomalia, pericolosa e alquanto dannosa. Quando crescendo non si viene incoraggiati a dare contenuto alla propria individualità, magari per colpa di una politica che confonde individualità con individualismo, per un'evoluzione dei costumi manipolatoria e castrante, per motivi che non mi interessa al momento indagare. Quando la popolazione contiene un numero elevato di soggetti privi di individualità o privati del diritto di formarsela o di esprimerla liberamente. Quando avviene tutto ciò senza che il problema venga mai evidenziato e il cancro intellettuale perduri nella completa indifferenza di chi produce e rinnova la cultura, allora ci troviamo di fronte a una o più generazioni malate, a una società gambizzata, resa sterile, dove l'Incapacità di generare futuro si evidenzia soprattutto nel riproporre il bolo di una dialettica già iperanalizzata nel passato che si fa via via sempre più insuperabile, accompagnata dalla presenza delle vecchie generazioni che, esaurito il loro compito, perdurano fisicamente e non favoriscono passaggi di consegne, anzi, si assolvono e scaricano la responsabilità, rivendicano il ruolo salvifico tipico del rapporto genitoriale: se non ci fossi io saresti sotto un ponte.

Non si può fare sdraiare sul lettino una società intera. Possiamo però lanciare un messaggio in bottiglia e questo messaggio è lo stesso di Socrate, il conosci te stesso che come tutti i messaggi della filosofia, e della teologia, si ripropongono inesauribili e inestinguibili per indirizzare - non dico guidare, le parole hanno un senso, non tutti i sinonimi si equivalgono, scegliere la parola giusta è e dovrebbe sempre essere un'impresa ardua – l'esperienza umana nel ciclo della vita, la piccola parentesi di tempo che ci viene data per impossessarci il più rapidamente possibile di tutte le esperienze passate e usarle per strisciare, se ci riusciamo, un centimetro in avanti come individui e come specie. E invece spesso quello che ci preme è la distrazione, il non guardare là in fondo, dove ci aspetta la fine e l'ignoto dopo la fine. Per non pensarci facciamo di tutto, accettando gli inviti dei peccati e delle virtù. Questo siamo: qualcosa che si tiene impegnata per non cedere al nichilsmo di una vita priva di senso dove si nasce solo ed esclusivamente per morire, e nel frattempo si soffre. La cultura della morte indicata dal Papa, non ricordo se questo o il precedente, che si contraddistingue dal fatto che la morte viene sublimata, viene posta sotto vincolo di tabù, viene nascosta. Una cultura che esalta gioventù, bellezza, felicità, ricchezza, e così via, dove la morte è una punizione, una liberazione, qualcosa da cui sottrarsi, da affrontare rapidamente, di cui non vale la pena di preoccuparsi perché servirebbe soltanto a impedire il godimento sano e puro di chi ignora, anche se volontariamente, perché inconsapevolmente lo può fare solo un animale privo di coscienza.

Ma scendiamo di un livello, planiamo sul terreno dei comportamenti materiali, degli atteggiamenti riscontrabili nella vita quotidiana. Riassumo: mancanza di senso critico, quindi mancanza di individualità, quindi mancanza di coraggio nel prendere posizioni contrarie all'opinione dominante, quindi incapacità di sottrarsi al potere egemonico di una generazione che per evitare conflitto coi figli, per essere padri e madri amici dei figli, continua a esercitare un potere consunto, inefficace, controproducente. Ma ho detto che scendevo di livello. Parliamo allora di noi, parliamo di quando qualcuno ti dice X è forte/bravo/bello/intelligente/quelchetipare e tu X non sai chi è, cosa fai? Chiedi informazioni su X, vai a prendere la roba di X e la studi, accendi il tuo motore critico personale e, in base a quello che sei, decidi in modo autonomo su X? Oppure il tuo sostegno a X dipenderà da altri fattori, come il fatto che appaia in tv, che sia in cima alle classifiche, che il tuo eventuale appoggio non sarà criticato dai tuoi amici, dal tuo gruppo/branco di riferimento? Cambia qualcosa per te se a fornirti un'opinione su X sia un tizio qualsiasi o qualcuno che già stimi/ammiri/invidi? Oppure dipende solo dalla qualità delle informazioni su X che ricevi? Se siamo abbastanza onesti da ammetterlo, dobbiamo confessare di essere in balia degli opinion makers, dei cosiddetti testimonial che legano la loro notorietà a un prodotto e si prestano a promuoverlo e a recitare nella campagne promozionali. Non è solo una manifestazione culturale la mancanza di senso critico, è legata a fattori psicologici squisitamente umani ma anche a fattori meccanici, a logiche di produzione e consumo, alle regole di convivenza economiche che emergono e derivano dalle necessità e dai vincoli naturali.

Ma ho detto atterriamo sul sensibile. Possiamo parlare di Avatar, per fare il nome dell'ultimo film col record di incassi. Tu che sei andato a vederlo, perché ci sei andato? Perché ti interessava analizzare quanto la sceneggiatura, pur ricalcando modelli abusati in tre atti, ne uscisse arricchita da sottotrame indubbiamente riconducibili a tematiche politiche, a riflessioni ecologiche, addirittura spunti ontologici da metempsicosi tecnologica. Oppure ti han detto che con gli occhialini ti sembra che le cose ti vengano addosso? O perché è costato moltissimo e il regista è quello di Titanic? Il senso delle mie domande si riassume in: quanto hai sviluppato nella tua vita il tuo senso critico, quanto sei uscito vittorioso nella guerra per fare di te stesso, agli occhi di te stesso, una persona originale, unica, particolare? Per dirla in modo brutale, perché discutere con te dovrebbe darmi qualcosa di diverso che non mi possa dare una litigata con un bambino che ha necessariamente ancora una vaga e indefinita strutturazione del sé? Se questo vale per l'acquisto di un prodotto di intrattenimento, figuriamoci quando ci spostiamo verso cose serie: letteratura, politica, storia dell'arte, tutte quelle materie in cui non è sufficiente sfoggiare doti di raziocinio meccanico, come le materie scientifiche, ma occorre aver maturato il senso critico, o peggio ancora l'averlo potuto maturare. A cosa serve la libertà di espressione se non c'è nessuno in grado di sfruttarla per manifestare il senso critico di un'individualità responsabile?

La scienza va avanti, va bene, ma non esiste solo quella. La scienza già nel passato ci ha portato a voler aiutare l'evoluzione uccidendo tutti quelli non in grado di favorire l'adattamento progressivo della specie. La scienza ha prodotto il comunismo e il nazismo, voglio essere chiaro su questo. Non è stata un'aberrazione irrazionale motivata dalla fede o dai sentimenti inesprimibili, non è stata l'apparizione di una mente sociale, la cosiddetta hive mind da regina dei Borg, che non ha tenuto abbastanza d'acconto i consigli della scienza a produrre i mostri del pozzo di Nietzche. Per questo l'unico consiglio che vorrei dare, se il mio consiglio avesse un qualche valore per qualcuno, è quello di sviluppare la propria individualità, il che non significa essere chiusi alla socialità. Individualità non è individualismo e socialità non è socialismo. Non barattate il peso di una vita consapevole per la leggerezza di una vita delegata. Lottate perché il sistema scolastico, la famiglia, la società in generale preveda il diritto e la libertà di pensare in modo autonomo e indipendente, senza nessuno che ti guarda male, ti punisce, o non ti aiuta come farebbe se tu non ti ostinassi a essere il te stesso che sei, senza nessuno che ti dice che sei scemo perché sei uno dei pochi che non pensa che X sia da applaudire e Y da fischiare.

La logica del branco è tale per cui ci deve sempre essere qualcuno fuori da branco, un debole da attaccare e distruggere, anche per semplice divertimento, ma quando non ci sono più elementi fuori dal branco questa logica, per sopravvivere, deve creare nemici all'interno delle proprie fila. È quello che abbiamo già visto succedere fin troppe volte negli stati totalitari, nelle dittature, nei regimi, ma anche nelle democrazie malate, non si deve credere di essere al riparo da tutto solo perché una volta ogni tanto ci fanno mettere una crocetta sulla scheda elettorale. Si sono visti governi portare l'economia al collasso, provocare carestie così gravi da far documentare cannibalismo diffuso, senza che si prendesse coscienza che nella popolazione era stato inibito o amputato il senso critico. A proposito, basta fare battute del cazzo sui comunisti che mangiano bambini, anche questo è un esempio di come si sente nel nostro paese la mancanza di un senso critico onesto, solo in un paese di marionette con la testa vuota si può scherzare su certe cose. È vero, i comunisti li hanno mangiati i bambini, non c'è niente da ridere, sono tragedie orribili che rimangono tali anche se non fossero successe sotto governi comunisti, però, è un fatto, è sotto governi comunisti che si sono verificati crisi economiche così gravi, sempre colpevolmente nascoste e minimizzate. È successo nella Russia di Stalin, nella Cambogia degli kmer rossi, nella Cina di Mao, nella Corea del Nord addirittura bambini rapiti, uccisi, e venduti al mercato come 'carne speciale'. È tutta roba documentata, leggete per esempio 'Cigni selvatici. Tre figlie della Cina.” di Chang Jung. Il rischio di vivere in una società massificata, deresponsabilizzata, alienata, è quello diventare misogini, misantropi, asociali, di sentirsi soli contro il mondo. È più facile seguire il gregge, e se impari a non farlo rischi di ritrovarti solo, in una selva oscura, che la dritta via eccetera.

giovedì 10 febbraio 2011

Erediteranno la terra.

Forse è solo una mia impressione, ma sono convinto che si sia perduta l'arte dell'intavolare una discussione. Mi riferisco a una discussione serena, articolata, nella quale gli artefizi retorici siano apprezzabili per la verve tipica degli eventi sporadici, senza che gli stratagemmi offerti dalla logica diventino l'ossatura che supplisce un'evidente mancanza di contenuti. Mi sembra di ricordare che una volta, nei tempi favolosi che accomunano gli anziani di ogni epoca, gli avversari politici mettessero sul banco ognuno la propria lista di argomentazioni, per poi discuterle riconoscendo apertamente torti e ragioni. Non esisteva la ragione a prescindere né la ragione assoluta. Non si partiva dell'ipotesi che uno dei due avesse ragione e l'altro avesse torto. Potevano benissimo avere ragione entrambi, torto entrambi, ecco perché alla fine si andava a chiedere il voto alla gente: non c'era una soluzione già individuata migliore dell'altra. Vanno bene entrambe le ipotesi, decidete voi quale preferite.

Adesso no. Adesso ti dicono io ho ragione e se dai il voto a lui finiremo nei guai, anzi, ci siamo già ed è tutta colpa sua, del mio avversario politico. Non si entra più nel merito delle questioni, spiegare ti impedisce di essere capito da tutti perché capire le cose è difficile, viene esclusa tutta quella fetta di elettori che non hanno gli strumenti intellettivi o culturali per comprendere a fondo le problematiche. Allora dici ti devi fidare di me, io sono il buono e lui è il cattivo, io ti faccio diventare ricco, lui povero, io ti rendo più libero, lui schiavo. Non interessa nemmeno più trovare un argomento di discussione, di qualunque cosa si parli il risultato è il medesimo: l'avversario viene squalificato in partenza. Lui è ladro, lui fa promesse che non mantiene, lui demolisce il paese, lui mente, lui non si rende nemmeno conto dei danni che provocherà al paese se vincerà le elezioni.

Se ti rifiuti di accettare la logica della sopraffazione morale, dell'espulsione preventiva, e ti metti a insistere per entrare nel dettaglio, passi per quello che vuole intorbidire le acque, che vuole creare confusione, che te la racconta come un piazzista che cerca di truffarti. Se prima ancora di cominciare metti come regola che tutto quello che dirà il tuo avversario saranno menzogne e furberie, parole difficili per ingannarti, ecco che esce delegittimato non solo l'avversario, ma l'intero processo democratico su cui si deve reggere il confronto politico. Mi ricordo, sempre ai bei tempi di cui sopra, quelli che i vecchi non sanno dire d averli o meno sognati, che perfino il più estremista veniva rispettato, sentivo dire cose spaventose senza che il portatore sano di follia ideologica venisse non dico insultato, azzittito, ma nemmeno pacatamente deriso dall'interlocutore. C'era rispetto in abbondanza, e a chi allora sembrava troppo adesso ne rimpiange l'eccesso.

Chi si ostina a rinchiudere una discussione entro i confini di uno scambio di opinioni razionale e civile non viene percepito come un cavaliere del buon senso ma come un pugile messo all'angolo, costretto a difendersi perché non ha più la forza di attaccare. Il teorema è che se non ti imponi, se non sostieni gridando le tue ragioni, allora sei un pavido, un perdente, hai paura di qualcosa, dubiti delle tue ragioni. Per questo quando te lo chiedono tu devi affermare con la massima convinzione che vincerai le elezioni, che solo uno stupido non sarebbe d'accordo con te, che è evidente il torto dell'avversario, anzi, del nemico. La strategia vincente non consiste nella ricerca di soluzioni, nella capacità di presentare proposte efficaci ed efficienti, no, a quanto pare l'elettorato è troppo stupido, non premia più l'intelligenza, non è più in grado di ascoltare i sussurri della mente con le orecchie piene del grido del cuore.

Si vota la squadra del cuore, si fa il tifo per i politici che giocano per la nostra squadra del cuore. Anche se non dicono cose intelligenti, l'importante è che sappiano far chiudere la bocca all'avversario, anzi, al nemico, lo riducano al silenzio a forza di insulti o, e qui si rivelano i politici più bravi, dicendo che il popolo è intelligente e capisce per chi deve votare, è così intelligente da fidarsi di noi alla cieca, tutto pur di non far andare al potere quello là, l'avversario, anzi, il nemico. È un cortocircuito, un paradosso da cui non riusciamo a venire fuori. I politici sono degli stupidi buffoni perché un popolo di stupidi buffoni manda al potere i propri simili? Oppure la classe politica, o dirigente se vogliamo ampliare la critica, non rappresenta più la base elettorale? Si è rotto oppure no il legame di effettiva rappresentanza fra eletto ed elettorato? Il problema è solo nel meccanismo di selezione, e quale, quello legittimato dal basso o quello imposto dall'alto, nessuno dei due prettamente meritocratico? Anche pensare che nessuno ce l'abbia con te è una forma di paranoia.


mercoledì 2 febbraio 2011

Io civile, tu selvaggio.

In questi giorni non si può parlare di niente che non tenga l'Egitto come sfondo, ovvero come mai in Egitto sì e qui no, perché è questo che molta gente su internet si chiede di nascosto, mentre produce a raffica pergamene intrise di indignazione e frementi di speranze rivoluzionarie. Libia, Tunisia, Egitto, come quando si mostrava Parigi e Londra prima di Roma per dare l'impressione che in sala proiezione la Storia avesse inserito i rulli di 1789, un remake in 3D, da gustare con gli occhialini ideologici. La domanda in sovrimpressione che con gli occhialini non si vede riguarda il consenso popolare, il fatto che per quanto i media si scandalizzino e la magistratura scarichi bordate, gli elettori non reagiscono.

È questo che manda ai pazzi gli opinionisti che di giorno entrano nella fanciulla di ferro del self control democratico, indossano la museruola dell'aplomb pluralista. Gli stessi che poi non ce la fanno più a trattenersi e buttano benzina sul fuoco dell'indignazione popolare, esaltano le manifestazioni, pregustano i festeggiamenti che seguiranno la caduta del Faraone italico. La frustrazione è così grande che vorrebbero buttare giù col nemico anche tutti coloro che lo votano, sono milioni, che l'hanno votato, che continuano a sostenerlo malgrado sia scesa in campo la cavalleria, sia arrivata la copertura aerea, il campo di battaglia è tutto fuoco e fiamme, eppure non ci sono caduti, non si vede un soldato non dico morto, ma nemmeno ferito.

Sembra un gioco per computer scritto da un programmatore che ti vuole prendere in giro: finalmente arrivi al boss finale, lo attacchi con tutto quello che hai e quello non solo rimane lì ma quando arrivano le elezioni ti esce di nuovo l'odiosa scritta 'game over', 'insert coin to continue'. È dal 1994 che l'attuale opposizione insert coin per continuare a giocare un gioco che si è dimostrato ampiamente impossibile da vincere. Eppure insiste, vuole buttare giù il boss finale e passare al livello successivo, come se esistesse davvero un livello successivo già pronto in cui opporsi a un nuovo governo, guidato da un boss differente. Perché è questo che succederà, gli elettori non voteranno per chi ha ucciso il boss, nella loro visione del gioco il boss non va ucciso, va battuto alle elezioni.

Il vice presidente del principale partito dell'attuale opposizione, l'altra sera, non potendo rimangiarsela in toto, si è rimangiato in parte la posizione del partito? solo sua? sulla patrimoniale, dal dire che la vuole è passato a dire che adesso non è il momento tirando in ballo l'evasione fiscale. E ha anche smesso di difendere l'ICI. La cosa positiva l'ha detta il presidente: noi scriviamo il programma e chi non lo sottoscrive non diventa nostro alleato. È già meglio che dire siamo disposti a compromessi di tutti i tipi pur di mettere le chiappe sulla poltrona del governo. La questione della fedeltà degli alleati, quelli disposti a un ruolo di mero supporto esterno privo di identità, dopo il voto rimane comunque un fattore di rischio.

Ma questa è banale tattica elettorale, che non va a toccare la vera natura della politica, quella dei cosiddetti poteri forti, le pressioni corporative, gli interessi di parte, gli intrecci fra economia e politica, fra istituzioni e politica, fra lobbies e politica. Ragazzi sveglia, la politica è questa, non quella che vedete in tv. La politica è lo scontro tra chi riceve danno e chi viene favorito da una legge, che sia riforma scuola, riforma giustizia, riforma fiscale. La politica è lotta fra chi vuole mantenere lo status quo, i conservatori, e chi vuole cambiare la situazione, i progressisti. Chi rimane incastrato nelle caselle ideologiche storiche di destra e sinistra si goda la proiezione in 3d che intanto altrove si fanno cose vere e concrete.

In tutto questo inserite i rapporti internazionali, politici ma anche economici, noi importiamo risorse, noi non possiamo alzare la voce con chi ci vende gas e petrolio e ci permette di pagarlo andando a casa sua a costruire strade e ponti, o appoggiandolo in questioni diplomatiche. Poi se preferite tenere su gli occhialini e guardare il film che vi propongono per strapparvi il voto fate pure, l'unico mio timore è che vi carichino di rabbia al punto da far scoppiare casini dove ci si fa male. Non avete mai pensato che quando cade il Faraone magari va al potere Hitler, Stalin, Pol pot? Beh, pensateci, perché è possibile, è già successo, potrebbe succedere ancora. Vi ricordo che Hitler è stato eletto, non ha nemmeno avuto nemmeno bisogno di andare al potere con la forza.

L'impressione dunque è che siamo di fronte a un grande fallimento di strategia politica. Nel senso che l'abbattimento del capo del governo fine a se stesso è ridicolo quando non sposta un voto. L'evidenza è che l'elettorato non sta votando il capo del governo ma sta votando un programma di partito, sta votando la parte politica che propone le riforme. Riforme è dunque la parola chiave. Ora, possiamo anche stare qui dei mesi a litigare sul fatto che ci sia o meno un reato, che ci sia o meno persecuzione giudiziaria, che ci sia o meno conflitto di interessi. La verità è che ci vogliono far guardare un film per evitare di coinvolgerci nella guerra sotterranea sulle riforme, sul ristrutturare il bilancio o mettere pezze come la tassa patrimoniale che abbatte il debito al fine di continuare a mantenere alti livelli di spesa pubblica. E sono i parametri europei a fissare dei paletti, per fortuna, a obbligarci al rigore nei conti pubblici.

Perciò se vi piace continuare a credere che la questione sia incentrata sulla vita del capo del governo, sulla persona del capo del governo, e che tolto di mezzo lui tutto andrà meglio... beh, contenti voi. Quello che mi chiedo io, che guardo un altro film, quello sulle riforme e sulla crisi economica e sull'immigrazione e sulla concorrenza sia sui prodotti che sul lavoro dei paesi emergenti, un film dove non ci sono donne nude, purtroppo, un film noioso ma qualcuno lo deve pur guardare. Quello che mi chiedo, dicevo, è cosa scriveranno i libri di storia, se gli uomini del futuro studieranno le inchieste sul capo del governo definendola Storia. E mi chiedo anche: se davvero non è colpevole, come la vive? È orribile per me immaginare di essere accusato di qualcosa perché l'accusa nei miei confronti diventi funzionale a certi progetti politici. È una faccenda sporca, molto sporca. Ma non perché c'è una storia di gente che fa sesso per soldi o, perlomeno, non solo per quello.