lunedì 19 dicembre 2011

galline meccaniche covano uova sintetiche

Scusate oggi sono di cattivo umore, il che capita spesso, lo so, per cui saltate pure questo post, non leggetelo, se lo leggete poi non ditemi che non vi avevo avvisato. Si tende a spostare l'attenzione sui soldi, come se ci fosse un diritto ai soldi, alcuni parlano di reddito minimo garantito, come se stampare una banconota equivalesse a creare ricchezza. Non è così. Chi lo pensa è ignorante, chi lo afferma è ignorante e pure pericoloso, il che fa di lui un imbecille che dovrebbe starsene a casa, andare a spalare la merda, non in tv e sui giornali, in quel circo barnun che è diventata la politica e l'informazione in molti paesi del mondo, Italia compresa. Stampare moneta non crea ricchezza, non innesca l'osannata crescita di cui si riempie la bocca anche il tuttologo dei giardinetti, il reddito minimo garantito, come qualunque manovra monetaria espansiva non suffragata da necessità sistemiche provoca solo svalutazione e inflazione. Capisco che piacciono a chi vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma lo dovrebbero dire: signori, voglio farvi diventare poveri, voglio tassare redditi e risparmio, perché è quello che fa l'inflazione e la svalutazione, rende carta straccia le banconote, chi ha messo via dei soldi che oggi valgono 100 domani varranno 10. Per quello conviene sempre far debiti nei paesi governati da classe dirigenti social-buffonesche come la nostra, dove lo stato per primo è così indebitato da avere interesse nell'ammazzare il potere d'acquisto della propria moneta. Noi viviamo in un paese così, l'Italia, soffocati dalla retorica e dalla propaganda, dove stai zitto perché anche urlare non serve a niente, se non lo dice un comico alla tv non ha valore, e il comico deve essere schierato politicamente.

Quindi potete comprare valuta straniera o indebitarvi nell'attesa che esploda la bomba inflattiva, non ci sono altre soluzioni nei paesi socialisti, anche se a molti preferiscono definirsi keynesiani, si camuffano perché non va più di moda dirsi socialisti, ma attaccano comunque liberisti e liberali, sbertucciano il capitalismo perché è facile nei paesi liberi profetizzare rivoluzioni per raccogliere il malcontento, che non difetta mai, la gente è sempre arrabbiata per qualcosa contro il governo, e diventare ricchi e famosi. Vi prendono per il culo, no, non quelli che rischiano la pelle per realizzare una forma qualunque di civiltà organizzata, ma quelli che vi dicono che se non siamo diventati ricchi è colpa di chi ci governa, ci ha governato, ci governerà. Gente, popolo, quando capirete che la politica è tutta una presa per il culo sarà sempre troppo tardi. L'unico sbocco che può avere la politica delle illusioni è la dittatura, e quando lo diventa allora stanno zitti anche coloro che nei paesi liberi si potevano permettere di fare casino. Perché quando il benessere finisce finisce anche la libertà. Lo ripeto per venire incontro alle limitate capacità mentali di certi buontemponi: la libertà è vincolata al benessere, se finisce il benessere finisce la libertà, la pace, la giustizia, tutto quanto. Immaginate solo cosa accadrebbe se domani mattina i supermercati fossero chiusi, se gli scaffali fossero vuoti, se il cibo aumentasse di prezzo e costasse troppo anche per chi riceve soldi gratis dallo Stato per starsene buono. È per il pane, per la fame, che scoppiano le rivoluzioni, con buona pace di chi è cresciuto a pane e mitologia eversiva. E conosco pazzi scatenati che ridacchiano all'idea che un popolo ridotto alla fame sia un prezzo tutto sommato modesto da pagare se innesca il Cambiamento, la Svolta, l'Avvento della Nuova Era.

Questa è l'Italia oggi, una civiltà illusoria, e come l'Italia molti altri paesi post-industriali che scommettono sull'economia digitale per allontanarsi ancora di più dai settori primario e secondario. Per chi non lo sapesse, facile in un pese di semianalfabeti come l'Italia, pieno di laureati che non sanno nemmeno leggere e scrivere in italiano corretto, il settore primario è quello agroalimentare, la terra, il bestiame. Il secondario è l'industria, la chimica, l'acciaio. Il terziario è tutto il resto. È da qui che nasce la folle idea che anche il denaro si sia terziarizzato, per via di strumenti finanziari derivati che lo hanno reso concreto, così che stampi moneta e crei ricchezza, che è come dire che il cibo cresce sugli scaffali del supermercato, che le macchine le costruiscono i simpatici aiutanti di babbo natale. È pazzesco, lo so, ditelo a me che ogni giorno leggo articoli e assolto esponenti delle classe dirigenti sparare cazzate galattiche sulla crisi e su come risolvere la crisi e sui colpevoli della crisi. Non so nemmeno perché butto il tempo a oppormi al carrarmato mediatico dell'informazione come quel tizio cinese, è come gridare all'angolo di una strada mentre ci sono ovunque i megafoni di ho chi min che ripetono nastri registrati, tazebao di propaganda su tutti i muri, gente iscritta al Partito che picchia come dissidente o collaborazionista chi non se ne sta zitto e buono a testa china. Questa è la politica, menarsi per vincere le elezioni e gestire il denaro pubblico per darlo agli amici e ai sostenitori, anche in termini di posto di lavoro. Se non lo avete capito, e non lo avete capito, lo dimostrano i milioni di persone che non hanno gli strumenti intellettuali per capire qualcosa di più complicato delle regole del gratta e vinci, allora ve lo meritate di essere trattati come scervellati da chi esercita il potere.

Siamo una società di deficienti, senza offesa, governate da deficienti, senza offesa, e informate da deficienti, senza offesa. Questo è, così è, rassegnatevi, mettetevi il cuore in pace, era così secoli fa, anche se viene il sospetto che col tempo le cose siano solo peggiorate, è così ora e sarà così anche un domani. Ciò che volevo spiegare in questo post è molto più semplice, riguarda l'importanza sottovalutata del settore primario e secondario, sì, voglio denunciare la pericolosità insita nel progressivo abbandono di campi e stabilimenti. Vogliono tutti lavorare in ufficio, diventare medici avvocati commercialisti, al massimo liberi professionisti che denunciano redditi da poveracci e fanno la vita da milionari. Nessuno vuole nemmeno sentir parlare di agricoltura o di fabbrica, al massimo i camerieri, temporaneamente, mentre finiscono gli studi e si mettono in fila per un posto da professore. Guardiamoci in faccia, ditemi che non è vero se avete il coraggio. Produciamo pasta, per esempio, con farine provenienti da chissà dove. Importiamo carne e latte. Il pesce sta sparendo da tutti i mari per eccesso di pesca, mediterraneo compreso. Non solo si diffondono malattie rapidamente per il movimento materiale di merci e persone, ma specie importate distruggono ecosistemi. Questa è la realtà, altro che finanza e titoli derivati e armonizzazione fiscale dei paesi aderenti alla moneta unica. Questa è l'economia che produce ricchezza: campi che producono più grano di quello usato per seminarli, bestiame che si riproduce, questa è la base di qualsiasi economia. Tutto il resto funziona a corrente o a benzina. Il profitto non è che questo: la differenza fra quante pocere ho oggi e quante ne avevo l'anno scorso. Non è un peccato, non è immorale, il profitto è un fatto, è la misura della ricchezza prodotta. Lo si misura in soldi perché i soldi sono l'unico modo di capire se una pecora vale più di un maiale, traduci in soldi, esprimi un valore monetario. Basta con le cazzate che spara chi non sa niente di economia, basta con questo clima da inquisizione nei confronti dei soldi, della ricchezza, la ricchezza è materiale, non finanziaria, se stampo una banconota con su scritto vale una vacca non vuol dire che da oggi al mondo c'è una vacca reale, concreta, in più. La ricchezza la si produce materialmente ed è sottoposta a vincoli materiali precisi: una mucca produce al massimo tot litri di latte, non puoi modificarla geneticamente affinché produca nafta, non puoi farla diventare grossa come un palazzo. Se produci un miliardi di palline dando lavoro a un miliardo di persone ma quelle cacchio di palline non se le vuole comprare nessuno da quando c'è sulla piazza chi le produce e vende a metà prezzo è inutile che te la prendi con gli speculatori di Betelgeuse sulle loro astronavi fatte di soldi. Ci sono dei vincoli, il più importante tutti è l'intero pianeta, quanta gente può sopportare il pianeta, che livello di benessere massimo è consentito e per quante persone. Se non si capiscono o si negano per motivi elettorali queste relazioni fisiche semplicissime è inutile parlare di economia e di politica.

Lo ripeto a voce alta per chi ha problemi di comprendonio: tutto il resto va a corrente o a benzina. La corrente devi immagazzinarla dentro a batterie (o enormi bombole di idrogeno, certo certo, è arrivato lo scienziato ecologista della domenica, prego si accomodi, che l'idrogeno scoppia, te lo dico così, en passant, scoppia, e molto, idrogeno essere sostanza che scoppissima facile facile), sai quante batterie ci vogliono se domani mattina le centrali elettriche a carbone, petrolio, e atomica chiudono? Sai che il petrolio non si produce ma si estrae e un giorno finisce? Mi sembra di dire cose rivoluzionare e invece sono banalità che nessuno dice, anzi, le nasconde, meglio dare la colpa al denaro. Il petrolio e l'energia elettrica hanno consentito alla popolazione mondiale di crescere fino ai sette miliardi attuali. L'industria e il terziario hanno assicurato un benessere diffuso il quale a sua volta ha permesso ai governi di abbandonare l'uso costante e normale della forza per il mantenimento della pace sociale e dell'ordine e per la difesa della sicurezza e del diritto. Se la gente sta bene, ha lo stomaco pieno, vive a lungo, non viene picchiata o violentata per strada, insomma è normale che poi la morte diventi un tabù, che tutti vogliano vivere per sempre su questo pianetino o su un altro, più pulito, meno corrotto, nella galassia vicina. Oggi se dici campi o dici stalle la gente si spaventa, ti guarda come se gli fai schifo, si immagina le mani rese nodose dalle vesciche, la puzza di merda di vacca e di gallina, si immagina il gesto di ammazzare un animale e sbudellarlo e scuoiarlo per poi mangiarselo. Le nuove generazioni si aspettano che non si torni indietro, pretendono che il lavoro sporco lo facciano altri individui non meglio precisati, forse i robot di alfa centauri. Le nuove generazioni vogliono passare dalla paghetta per fare cose piacevoli e chiamarle lavoro alla pensione per fare cose piacevoli e chiamarle hobby. E per fare tutto questo basta stampare banconote della nostra bella valuta nuova e forte, c'è pieno di straccioni là fuori, miliardi di disgraziati da schiavizzare e il bello è che loro ti devono ringraziare e tu passi per il loro salvatore. Ricordatevelo quando incontrate l'ennesimo sepolcro imbiancato che mente sapendo di mentire o che non sa nemmeno di cosa sta parlando. Anzi, non ricordatevelo, dimenticate tutto quello che vi ho appena detto, altrimenti vi rovinate l'umore, meglio dare ascolto a questi quattro deficienti che danno la colpa al nemico ideologico e promettono che presto arriverà il salvatore, come nei film, l'eroe, il predestinato, l'eletto, a sistemare tuttecose. Si basano sul passato, quando l'opec alla fine aumentava la produzione di petrolio, quando si aprivano nuovi mercati per le esportazioni, le solite ricette che hanno imparato dai nonni mandandole a memoria senza nemmeno capirle e che oggi, ancor di più domani, non hanno più senso. D'altronde non hanno dato spazio a intere generazioni, la mia per esempio, e se glielo fai notare ti dicono che dovevi prendertelo, il potere, con la ribellione, come hanno fatto loro, i sempre giovane anche se cado a pezzi, i sicari che non mollano la presa sul collo né dei padri, strangolati ai tempi, né sui figli, strangolati in seguito. La generazione degli asfissianti, altro che del baby boom, la generazione che ti toglie l'aria, la generazione degli idioti simpatici.


venerdì 9 dicembre 2011

Effetto Franzen.

Si tende a non parlare del presente, a tenere per sé le riflessioni sul presente, per evitare complicazioni, implicazioni, ritorsioni, per evitare di dare l'impressione di vantarsi o di lamentarsi, di fare i drammatici o i superficiali, perché non va mai bene come sei, quel che fai, come ti rapporti a, il modo in cui reagisci. Nel presente si naviga a vista se si ha un minimo di intelligenza o di esperienza, di sensibilità o di educazione, altrimenti si procede a carrarmato, conosci anche tu quelli che sanno tutto loro, che ti insegnano come si fa, che si stupiscono di te perché non gridi, non ti ribelli, che se non ti imponi non ottieni, che ti devi conquistare tutto, che hai diritto a tutto. Nel presente, parlo per me, si tende a evitare lo stress, si passa gran parte del tempo a prepararsi per subire lo stress, e col tempo le fonti di stress si moltiplicano, perfino l'assenza di fonti di stress diventa una fonte di stress. C'è un tempo in cui fai tutto quello che devi fare perché è quello che ci si aspetta da te, studi latino, per esempio, anche se il latino è una lingua morta che ti fa schifo al, stai nel traffico cantando l'ultimo successo alla radio, e quando ti viene da riflettere a te come corpo vivente in una scatola e ti viene da chiederti perché, che senso ha, scacci i pensieri, gridi contro un altro automobilista che tanto mica ti sente, mica ti vede, mica se ne accorge, e se ne sbatte se pure ne accorge, dato che ti sei appoggiato sul clacson e sputi saliva con gli occhi invenati come una scimmia resa pazza da una consapevolezza crudele.

C'è un momento nella vita in cui si supera una frontiera, anzi, ci sono molti momenti così, ma oggi voglio parlare di una frontiera particolare, quella che da un po' mi ci riferisco come effetto Franzen. Non perché sia imputabile a Franzen, solo perché mi sono accorto di esserci entrato mentre leggevo Franzen. È una frontiera simile al presente, di cui non si parla per tanti motivi, fra i quali il problema di prospettiva, che quando lo si vede per intero il presente è andato, è troppo lontano. Come quegli anziani che hanno la faccia tosta di farti capire che ci sono già passati, che non ti invidiano la presenza di spirito che ti causa struggimento e ti rende famelico, gli anziani che annuiscono e ti dicono passerà, starai meglio, come a dire tu finirai o non finirai come me, tu troverai la via, la verità e la vita, andrà tutto bene, sei nato per dimostrare che ho ragione, che è possibile, che non farai i miei stessi errori. Gli anziani che esibiscono quella patina di menefreghismo egoista con la pretesa che venga scambiata per la superiorità e il distacco tipici di chi ha capito l'importanza di, il segreto della, che ha trovato i soldi per pagare i conti del dolore, della colpa, degli errori di gioventù. Gli occhi di chi è soddisfatto oppure no, di chi è stato svuotato e riempito troppe volte, di chi si aspettava chissà cosa ma va bene così, la grande consolazione di sapersi accontentare senza cadere nell'abuso di farmaci.

Lo chiamo effetto Franzen quello che interrompe il meccanismo di implicazione, di adesione formale, alle liturgie della civiltà, l'immedesimazione con il teatro pubblicitario, i media come anfiteatro dove si mangiano i poveri, gli sfigati, i perdenti, i malati, dove si impara a evitare tutto ciò che potrebbe identificarci con la parte sbagliata della società, quella brutta, vestita male, coi denti storti, claudicante. La frontiera della partecipazione, dove perdono peso le balle dei politici più invitati e le opinioni dei giornalisti più cliccati, dove le statistiche puzzano e le battute dei comici sono meno tristi delle risate che provocano. L'effetto Franzen è quando sai che l'ennesimo prodotto di intrattenimento non sarà soddisfacente, va persa una chiave, come nell'assuefazione, serve musica a volume sempre più alto, serve più violenza, più parolacce, più sesso, altrimenti non mi diverte più, e alla lunga subentra l'anestetico, l'arto fantasma che succede l'amputazione, o l'atrofizzazione dell'organo del piacere, una forma di atarassia colma di panico, come quando ti rendi conto di essere sul punto di annegare. L'effetto Franzen che riconosci come un'eco che al posto di ridursi progredisce diventando assordante, l'eco di tutte le volte che hai abbandonato qualcosa o qualcuno, certi giocattoli, figurine fumetti favole, telefilm, certe canzoni e certi libri che avresti giurato inestinguibili, che alcuni – saranno sinceri o solo stupidi? - si portano dietro fino alla morte come legati da un patto di sangue, un debito perenne per aver riempito vite così ristrette da stare dentro a un ditale.

Non possiamo parlare del presente e non possiamo mangiare a stomaco pieno, l'effetto Franzen ti provoca la nausea, non riesci più a leggere libri che ti sembrano tutti uguali, film che ricalcano trame abusate, e ti chiedi quanta vita hai davanti e come farai a riempirla, dove troverai sostanze in grado di scatenare nel tuo corpo la soddisfazione, anche piccola, anche temporanea, la voglia di costruire che ti viene quando ti danno i componenti di un oggetto mai visto prima, dal funzionamento inimmaginabile, e un manuale di istruzioni scritto in una lingua sconosciuta. L'effetto Franzen è quando la probabilità che succeda viene percepita come mutata drasticamente verso il basso, quando inizi a chiederti se è normale trovare interessanti i documentari, quando ti accorgi che è da qualche giorno, mese, anno, che hai preso la folle abitudine di, quando leggi un libro che qualche anno l'avresti buttato via dopo due pagine, quando scopri di avere più pazienza del necessario, e annuisci a un giovane incazzato, gli dici tu devi conquistare il mondo, tu hai diritto al meglio, tu sei pieno di energia, se una bomba a orologeria, tu devi fare cento figli, diventare miliardario, comandare gli eserciti, ma soprattutto ritardare gli effetti Franzen, devi restare stupido, ignorante, animalesco, la tua odiosa naturalezza è ciò che ti tiene al riparo dall'autodistruzione, il sapere ti avvelena, giovane Icaro, l'intelligenza ti uccide, benvenuto a Pandemonio. 



lunedì 5 dicembre 2011

crescita e progresso

La maggior parte dei ragionamenti sull'economia di chi non sa niente di economia sono l'equivalente di chi va a bestemmiare in chiesa e non ha mai aperto un libro di filosofia. Gli ottimisti ritengono che sia uno dei tanti problemi risolvibili aumentando l'istruzione. C'è questa diffusa credenza popolare che certi comportamenti siano dovuti a scarsa istruzione. Si percepisce una certa vergogna di fronte alla possibilità di fare affermazioni più drastiche, per esempio che gli esseri umani si differenziano sotto moltissimi aspetti, uno dei quali è l'intelligenza, declinata in capacità di capire, in comprensione emotiva, creatività, percezione dei modelli, strutturazione dei concetti e via dicendo. Una delle grandi bugie dei nostri tempi, una delle tante, è che l'intelligenza sia una variabile neutra, che dipenda tutto dall'istruzione, intesa non come educazione o rieducazione delle masse, perlomeno non esplicitamente, quanto la sensibilità dell'animo di chi accede alle nozioni e le fa proprie. E le nozioni devono essere quelle giuste, suggellate dall'imprimatur del pensiero unico dominante, le nozioni che trasformano magicamente un deficiente egoista violento, per dire, in un gentile cittadino altruista, laico e progressista. L'intelligenza è una discriminante non soggetta a procedure democratiche egualitarie e solidali, come tale dev'essere rifiutata come elemento discriminatorio che distrugge il tessuto sociale e vanifica la prosperità. Lo capite anche voi in che melassa propagandistica nuotiamo. Il sessantotto a noi ci fa il solletico, siamo diventati una dittatura ideologica che il grande fratello scappa a piangere dalla mamma. In questo ambiente culturale si deve muovere con attenzione e delicatezza chi non riesce a omologarsi e conformarsi, specialmente in tempi di crisi economica dove finalmente ci sono un po' di poveri incazzati da lanciare contro i nemici: i ricchi, lo stato, la chiesa e vari nemici del popolo a piacere. Questo è la parte di follia politica che chiameremo del progresso, per distinguerla dalla follia economica che chiameremo della crescita.

La crescita del fatturato, delle quotazioni, del prodotto interno lordo, della produzione, del reddito, del benessere. Se dal lato della politica sono così pazzi da proporre teoremi assurdi come l'istruzione come strumento in grado di supplire alle varie forme in cui si esprime l'intelligenza umana, il che è come dire che se fai copulare con belle donne un uomo egoista e violento quello ti diventa San Francesco, dall'altra parte non sono meno pazzi quando applicano funzioni matematiche che ipotizzano crescite reali insostenibili. Sono vere e proprie malattie mentali collettive. Nel singolo si capisce che uno è matto quando lo vedi che si pianta una forchetta nella mano o grida contro il muro, quando invece la follia è collettiva fai più fatica a riconoscerla, se non hai termini di paragone. Perché i regimi impediscono al popolo di ricevere informazioni oltreconfine? Non solo i comunisti, tutte le dittature non vogliono che si abbiano termini di paragone in grado di far capire alla gente che si è in presenza di una follia collettiva. Ecco perché i media ci riempiono la testa di cazzate tipo la colpa di tutto questo è della finanza e dei suoi diabolici meccanismi capitalistici, o che devono pagare gli evasori, i ricchi, i cocainomani col suv. Spero per voi che abbiate il minimo di intelligenza e di istruzione sufficienti a capire che sono cazzate perché io non ho più tempo da perdere né voglia di spiegare, si fa prima a lasciar perdere, sono talmente tanti i matti ignoranti e stupidi là fuori che più li lasci in pace e meno c'è il rischio che se la prendano anche con te. È più furbo, che brutta parola, furbo, ma alla fine è quella che ti salva, gli italiani la conoscono bene, quando la politica e l'economia si separano dalla realtà, e lo fanno spesso e volentieri, la follia è assicurata passando dall'individuo alla massa, dalla concretezza all'astrazione, la cosa migliore rimane approfittare degli spiragli, delle contraddizioni, delle opportunità. Questo fanno gli italiani, oggi più che mai: sopportano la follia del potere che si esprime nei rapporti di forza economici e politici, che utilizza i media per condurre il gregge degli elettori, stupidi e poco istruiti, raccontando fesserie.

Quando si è giovani si tende a classificare come meschino e rinunciatario l'atteggiamento di chi non tende alla realizzazione di futuri meravigliosi a portata di mano, di chi non partecipa in modo attivo alla vita politica. Col tempo si impara che fra i tanti modi a disposizione per buttare via il tempo, quello dell'idealismo è fin troppo simile al sacrificio dei bonzi, l'ascetismo masochista della politica appare per quello che è: la speranza di chi non ha niente di meglio su cui scommettere, la stolta promessa di un paradiso in terra, la cerca del graal, o la confortante sensazione di far parte di un gruppo su cui fa leva il cinico o l'ingenuo populista di turno. Perché al dunque la politica si riduce a questo: un lavoro come un altro, trafficare coi soldi delle tasse e coi i posti di lavoro negli stipendifici pubblici, dall'istruzione alla sanità alla sicurezza alla municipalizzate, nei panni di un vescovo del partito-chiesa che tessera i fedeli-elettori. Nel frattempo passano gli anni, i decenni, si è troppo vecchi per confessare di aver sprecato mezza vita a inseguire sogni ascoltando balle, i giovani vi guardano come esempi mentre percorrono le vostre tracce e non riuscite a dir loro che non portano da nessuna parte, che non siete stati buoni padri, non siete nonni saggi come il babbo natale sulle lattine della cocacola, e continuate a vendere la vostra religione di sentimenti hollivudiani, eroismi postindustriali, fede nella scienza e nel domani è un altro giorno, il pacchetto culturale della follia collettiva, leccato e infiocchettato per bene. Questa è la parte politica, quella economica si compenetra e si realizza nel benessere facile e abbondante per tutti, nei consumi che tirano la produzione che tira il lavoro che tira il welfare che tira le tasse che tira. È la follia del marketing, più pazzi dei politici ci sono solo i tizi del marketing, quelli che li chiama il direttore generale e gli chiede come intendi aumentare il fatturato, dobbiamo espandere i margini, ci serve di fare più soldi soldi senza rompere il giocattolo e allora quelli del marketing tirano fuori l'equivalente delle cazzate politiche, dicono usiamo i soldi dei clienti acquisiti per favorire l'ingresso di nuovi clienti, scomponiamo l'offerta in cinque miniofferte applicando modifiche unilaterali al contratto e rendiamo difficoltoso ai clienti la procedura per disdettare. Senza parlare delle illusioni propinate con la promozione e la pubblicità.

Crescita e progresso sono emanazioni culturali del sistema produttivo industriale (e non del grado di libertà economica di uno Stato, minimo nello statalismo, massimo nell'anarchia). In crisi ci sono andati i valori del progresso e della crescita (e non il capitalismo dopo il già avvenuto crollo del comunismo). La follia collettiva consiste nel non riconoscere e ammettere il vincolo che esiste tra benessere materiale (ovvero capacità di sfruttare risorse naturali, se ce ne sono, o know how, o costo del lavoro e altri fattori di vantaggio concorrenziale – si parla di funzioni economiche reali, concrete, che non dipendono dal grado di prevalenza del pubblico comunistoide o del mercato liberistoide) e possibilità di utilizzare parte dei guadagni realizzati dal sistema produttivo nel suo complesso per spenderli in politiche progressiste, dove si aspira a società utopisticamente perfette che non sono e non saranno mai a costo zero. Adesso ci si lamenta che il giocattolo si è rotto perché non fornisce più i soldi che servono a creare la società dell'ammmmore e si grida, si pretende, si ordina alla politica di aggiustarlo, così, come se fosse solo questione di volontà, come se bastasse bastonare i mercati, gli speculatori, come se ci fossero colpevoli esterni che ci stanno facendo la guerra, come se non si trattasse di costo di petrolio e gas, di costo del lavoro, di debito pubblico, di Cina nel wto con i suoi miliardi di cinesi poveri che lavorano come schiavi, di un tessuto microimprenditoriale privo di potere contrattuale e di economie di scala, di infiltrazioni di stampo mafioso, di Africa infernale fatta di signori della guerra e carestie. Gli stupidi e ignoranti e matti guardano solo dentro al loro piccolo giardino, affermano che andava tutto bene fino a quando qualcuno ha sbagliato, ci ha ficcati in questo casino, che se ci fosse stato al governo un altro (Chi? L'ennesimo uomo della provvidenza? Un condottiero? Un imperatore straniero?) non avrebbe permesso l'avverarsi di questa situazione spiacevole e adesso saremmo come la Scandinavia, avremmo i soldi che ci escono anche dal bu


mercoledì 23 novembre 2011

La speranza è rimandata a domani

C'è stato un periodo che tutti davano l'idea di aspettare il parto, la mezzanotte di capodanno, l'estrazione della lotteria. Ti dicevano vedrai adesso che c'è l'internet, vedrai che cambiamenti, vedrai cosa scoppia, la rivoluzione. Passano gli anni e pur di continuare a crederci mi vengono a dire che è grazie a internet che in certi paesi ci sono manifestazioni, ci sono rivolte, che son cose che tutti aspettavamo da chissà quanto tempo e finalmente, grazie a internet, adesso stanno succedendo. La musica è un file, il film è un file, il libro è un file, siamo liberi dai supporti, non sei contento? Le probabilità di una tempesta magnetica dovuta a un brillamento solare sono molto basse, non c'è bisogno di stampare tutto per paura che vada via la luce o che si rompano i computer. Quando, rivoluzione dopo rivoluzione, internet non combina niente di spettacolare e il mondo rimane il vecchio bastardo di sempre, in quel momento un po' di imbarazzo si percepisce nei meno invasati, nei fedeli meno accaniti, in coloro che tengono da parte un margine di ragionamento nel loro buttarsi a piedi uniti nell'avventura del momento. Perché là fuori le persone normali sono tante, sono quelli che garantiscono la sopravvivenza delle competizioni sportive, che alimentano il commercio, che godono ricevendo sogni in dosi pubblicitarie quotidiane.

Parlo degli esseri umani, di comuni esseri umani, della gente qualsiasi. Non facciamo finta di non renderci conto di cosa è davvero la gente, là fuori, quella che non ha tre lauree, quella che non discute di politica nei salotti dell'alta società ma al massimo scende in piazza a far casino per conto del populista di turno, la gente che non scrive, non legge, al massimo appare a fare pirlate in tv, la gente che poi anche quella che si tira fuori dalla massa, la gente che si veste da aristocratica e non sa niente, sicura che l'immagine nella società moderna basti e avanzi, la gente che sta recitando la parte del benestante privilegiato e si trattiene, evita gli eccessi per lavoro, pubblicamente, e in privato si dà o comunque si darebbe, se solo riuscisse a concederselo, ai festini sessodroga, alle pokerate, alla guerra, al di tutto e di più, devozione remissiva agli istinti più bestiali, alle peggio tentazioni distruttive e autodistruttive. È così che funziona la mente di tutte le creature viventi e l'uomo può ritenersi al centro dell'universo solo nella misura in cui riesce a concepirsi differente dagli animali, evoluto, portatore sano di scintilla divina, a costo di vivere nell'illusione, quella che fa credere che sia solo questione di tempo e tutto finirà per il meglio, di questi tempi, mentre secoli fa l'opinione era invece che tutto sarebbe finito in un gran botto con giudizio morale a seguire, come nelle trasmissioni dove si critica e disserta su xfactor o il grande fratello.

Adesso che ci siamo intesi sulla gente, quella che sospira leggendo le riflessioni sull'innamoramento di Alberoni (bellissime, fantastiche, se sbagli a parlare magari ti becchi una querela e noi non la vogliamo, una querela, quindi Alberoni per noi è un fottuto genio, lo amiamo), la gente che guarda i film che fanno molto ridere o molto piangere, le emozioni, ah, che gran cosa le emozioni, i sentimenti, che senti le farfalle nella pancia e i brividi e scarsa salivazione e tremolio alle gambe, no, quella è ricaduta sul sistema nervoso centrale di una lesione subdurale, ma non son pratico, forse mi confondo, insomma tutto ciò che non implica la fredda analisi di una realtà deludente e priva di speranza, tutto ciò che invece stimola il cervello a produrre sostanze legate alla tranquillità, al desiderio sessuale, all'appetito, al buonumore, sono ormoni, enzimi, sono gli stati mentali che rendono le droghe, dall'alcol alla metanfetima, dall'aspirina alla morfina, così studiate, sperimentate e apprezzate. Parliamo di gente drogata e assuefatta da questa o quella cultura, che sia il millenarismo o il romanticismo, che sia il sogno americano o la scienza sociale nazi-comunista. La gente è questa, non veniamo a raccontarci che là fuori è pieno di asceti e cervelloni, non prendiamoci in giro ipotizzando un'umanità da fantascienza, evoluta al limite della perfezione o sul percorso che conduce a un paradisiaco futuro terreno ricolmo di meraviglie.

Ogni volta che c'è qualche novità si registra l'eccitazione degli attendisti, degli assuefatti alla droga dell'irrazionale ateo e mondano, di quelli che si ammazzano in gruppo con veleno perché il santone ha previsto l'arrivo dell'astronave madre stasera dopo cena, quelli che si curano coi cristalli e vantano i pregi dell'omeopatia, quelli che si sentono blade runner perché abitano in un bilocale alla periferia di una grande metropoli e quelli che vivono su un pianeta virtuale frutto della loro fantasia e ti sembra di vedergli un triangolo sopra la fronte come ai Sims, quelli che sono così educati e civili e altruisti da rompere le balle a tutti su inquinamento, malattie, problemi, valori, una lista di scassamento di palle lunga così e poi scopri che sono i primi con l'armadio pieno di scheletri inconfessabili. E comunque di proposte alternative accettabili e prive di costi spaventosi zero, non ne hanno, ma l'importante è esprimere sentimenti positivi, non avere mai quel fastidioso e antipatico atteggiamento negativo, poco costruttivo e non collaborativo. Non venitemi a dire che la gente non è così, che bisogna avere fiducia nell'innata bontà umana, dal buon selvaggio al contratto sociale, ho letto qualcosa anch'io, non è che chi non la pensa come te è perché non ha letto questo o quel vangelo filosofico al quale nessuno può resistere più di un'ora senza convertirsi. Son tutte balle, se arriva una carestia la gente fa di tutto per non morire di fame. Se aggredisci lui o la sua famiglia quello ti salta al collo. La politica serve solo a fare il possibile per evitare che la gente si comporti come gli piacerebbe, o come si troverebbe costretta a fare, o come si sente giustificata a fare.

Ma veniamo al dunque, al fatto che la gente a un certo punto era ed è tutta lì davanti a internet in attesa del miracolo. Quale miracolo esattamente non si sa, qualcosa di esplosivo, culturalmente e politicamente parlando. Son passati decenni e ancora io non vedo niente, ma se ti poni come termine l'infinito qualcosa di positivo da imputare a internet vedrai che prima o poi succede. È come aspettare una crisi economica per poter finalmente dire visto, lo avevo profetizzato, questo dimostra che ho sempre avuto ragione a criticare il sistema vigente. Come lo scontro con il sistema editoriale, con l'accusa di scegliere solo roba adatta alla gente di cui sopra, roba da vendere per fare profitti, la solita menata contro il mercato capitalista, come se il mercato non fosse solo il luogo dove si incontra chi ha qualcosa da vendere e chi ha interesse a comprarlo. Ma oggi lasciamo da parte le solite stupidaggini sull'economia. Internet a ben guardare è piccolo, se togli la fuffa ti resta in mano poco o niente, io tutti queste menti geniali che si diceva non avessero successo perché venivano tenuti fuori dal sistema tradizionale per colpa di società segrete, alieni, gli speculatori, le corporazioni, la mafia, gli illuminati... Dove sono, adesso che sono liberi di esprimersi, tutti questi geni incompresi e vittime del sistema, perché io non li trovo nemmeno su internet. Delle due l'una: o internet come territorio per l'emersione spontanea delle eccellenze ha fallito, o non c'è nessuna folla di geni che attendeva solo l'avvento di internet per emergere. La gente è sempre pronta a lasciarsi illudere, a dare in pasto le proprie speranze al primo pifferaio che passa. Il paradosso è che il rifiuto del razionale è, in definitiva, la scelta più razionale, dato che l'alternativa è il nulla. L'evoluzione porta all'estinzione i meno adatti e la gente di cui sopra non si estinguerà mai per lasciar posto a una specie che può esistere solo nell'immaginazione di poeti e visionari. Il razionale è senza speranza, l'intelligenza ti uccide, se hai la fortuna di essere stupido è tutto più facile, hai solo da scegliere in quale presunta menzogna crepare, scommettendo su verità indimostrabili. Pensiamoci prima di inalberarci la prossima volta che uno stupido ci darà dello stupido, da un certo punto di vista bisognerebbe rispondere: grazie, non sarebbe male, se mi dai anche del gregario istintivo sono ancora più contento.


giovedì 17 novembre 2011

Gabbie confortevoli.

Un modello organizzativo viene implementato con esercizio d'imperio. Nessuna forma organizzativa spontanea si autoregolamenta in un ambiente libero da vincoli oggettivi. Internet non è un ambiente libero, anzi, è quanto di più lontano vi sia dal grado di libertà vigente nel mondo reale. Sono un po' stanco degli osanna a internet, dopo decenni dalla sua invenzione sarebbe ora di chiudere il party di benvenuto. Internet è un ambiente fortemente strutturato, non ha nulla di libero se non la finta sensazione di non essere individuabili, fatto ottenibile per mezzo di reti virtuali private che rendono immediatamente sospetto chi ne faccia uso. Se internet fosse anonima diventerebbe possibile compiervi reati nella certezza dell'impunità, e questo non lo vuole nessuno, o meglio, diciamo che nessuno è disposto a sostenere il crimine apertamente, a parte gli anarchici irriducibili che pur di avverare la democrazia diretta sono disposti a scendere a patti con la dittatura della maggioranza.

Questa favola di internet come humus di forme associative innovative che possono fare a meno dell'autorità, della gerarchia, delle regole formali è una bella favoletta che nasconde un pungiglione velenoso: le regole sono innestate nel sistema fisico, nell'hardware, nei chip, nelle centraline, nei firewall, nei grandi hub attaccati alle dorsali transoceaniche. Internet in realtà è una dittatura scientifica dove le regole stanno nella tua larghezza di banda, nei tuoi diritti di accesso, nella capacità di organi senza nome e senza volto di disconnetterti e di isolarti, di tracciarti e di monitorarti, di costruire dossier su di te analizzando la tua attività. Se succedesse nel mondo vero come ti sentiresti? Se sapessero sempre dove sei, cosa fai, cosa ti piace, che problemi finanziari di salute famigliari hai come ti sentiresti? Se potessero chiuderti in casa premendo un bottone come ti sentiresti?

Quindi perfavore basta con la religione del digitale, gli orgogliosamente atei che darebbero via un rene per l'ultima cazzata geekissima perché internet li fa sentire liberi, possono fare commenti acidi usando uno pseudo che alla lunga li descrive meglio del loro vero nome, inizia la fase dell'alienazione, della dipendenza, non fate finta di non sapere di cosa sto parlando. Gente che si sente protagonista della vita politica perché può insultare impunemente il governo sui siti web di giornali e tv, che prega per il boom di contatti sul blog sognando di vivere di rendita grazie ai banner di adsense. Internet è uno strumento di comunicazione e come tale configura una piattaforma organizzativa prima ancora di ramificarsi in applicazioni commerciali, politiche, amatoriali, prima di specializzarsi in ambiti sempre più circoscritti per consentire lo scambio di materiale informatico (in senso ampio, da informazioni vere e proprie a software e materiale audiovisivo).

Come una qualsiasi piattaforma organizzativa anche internet necessita di una regolamentazione del funzionamento sotto forma di autorità con poteri più o meno vasti. Si può accettare che tale potere venga gestito in ottica finalizzata al decentramento, per rispetto di sovranità nazionali (dove oscurano determinati siti o hanno facoltà di shut down) o di prerogative legate al diritto (dove aziende dominati si premurano di sottoscrivere policy corporative con slogan del tipo noi lavoriamo per il bene, noi siamo i buoni, noi facciamo beneficenza, noi rispettiamo l'ambiente, e via dicendo, allo scopo di non perdere il potere e soprattutto l'influenza, effettiva o potenziale, che risiede materialmente nelle loro server factory). L'accesso a internet si paga, anche se fosse gratuito ha dei costi, molto elevati, che ricadrebbero sull'intera comunità, non è gratis, internet, e non lo sarà mai, va a corrente, ha bisogno di pezzi di hardware e di gente che li assembla, fa manutenzione, programma, gestisce.

Internet dunque non è libero e non è gratuito, pertanto fatemi la cortesia di piantarla coi magnificat. Addirittura internet si presta a ulteriori irrigidimenti. Alcuni parlano già da anni a proposito di una tassa su internet. Alcuni hanno già realizzato delle subnet con accesso sottoposto a identificazione certa e il servo della neodittatura digitale è stato osannato dalle oligarchie industriali che, come succede sempre, hanno ammaestrato le masse antropomorfe e decerebrate trasformando un tycoon in una specie di profeta mediatico in dolcevita. Il sogno di ogni dittatura è di mettere un marchio sulla fronte o sulla mano dei sudditi, e l'internet recalcitrante alle imbragature non piace ai rappresentanti del potere costituito. Nel mondo reale ti appioppano il codice fiscale appena nato, se i tuoi genitori non vanno a chiederlo a tuo nome non ti permettono di uscire dall'ospedale. Ti appioppano un numero di carta di identità, di passaporto. Ti appioppano palle al piede, tatuaggi sul braccio, divise e uniformi, badge, impronte digitali, fotografie, scansioni della retina. Prima di internet è stato il telefono l'effigie della bestia che ha fatto proseliti e ha permesso di schedare ogni singolo cittadino, tu chiedi una linea telefonica e ti arriva a casa il canone tv da pagare, nelle dittature per chiedere una linea telefonica devi dimostrare di averne bisogno o essere mebro del Partito. Il numero telefono come esempio di marchio sulla fronte o sulla mano di giovannea memoria. Sulla fronte perché te lo ricordi a memoria, sulla mano perché risiede nel gesto rituale della chiamata. L'indirizzo ip statico non è vincolante per il controllo, è tutto loggato dai provider, tengono registrato tutto quello che fai per tre mesi, obbligo di legge, non lo sapevi? E se ancora non ti basta come grado di completo e fedele asservimento all'idolo del progresso, dello scientismo, chiamalo come ti pare, allora entra nei club esclusivi digitali, dove collegando il tuo nome, il tuo codice fiscale, il tuo numero di carta di credito (ovvero il tuo numero di conto corrente bancario), prendendo gran parte dei numeri corrispondenti alla tua persona e legandoli a un solo numero, il codice di un chip, che sia un telefonino, un tablet, un e-reader, diventerai la cellula di un organismo sociale in grado di accoglierti nel suo caldo abbraccio elettronico e nel suo paradiso di eccitanti e piacevoli attività digitali. Il passo successivo sarà il chip sottocutaneo, i cani ce l'hanno già, mettetelo ai vostri bambini e dite addio alla paura di fughe o rapimenti, compi un gesto altruistico, metti la tua mente e tua mano al servizio del unità di calcolo centrale, dove l'individuo vale zero e la rete-società vale infinito.


martedì 8 novembre 2011

il resto è conversazione

Nella Germania iperinflattiva del dopoguerra c'era un detto: meglio prendere un taxi perché lo paghi a fine corsa. Esiste tutta una filosofia del denaro prodotta da chi il denaro non sa cosa sia. Il denaro viene legato alla colpa di averne troppo, di spenderlo male, di adorarlo. Quando devi costruire una trama che si regga sulla passione ci puoi mettere una donna, il potere o il denaro, e se vuoi che sia approvata dai buonisti deve avere un finale romantico, dove qualcuno o qualcosa interviene per imporre con la forza il trionfo del bene. Nessuno di questi tempi vuole finali realisti, dicono che sono tristi, come se la vita non lo fosse, come se bastasse nascondere i malati dentro agli ospedali, i delinquenti nelle prigioni, i matti negli incubi. Sono quasi due secoli che impera la dittatura del romanticismo e adesso che sta andando in crisi inizierà a mordere come un animale in trappola. Se è ancora sul trono è perché non si trova con cosa sostituirlo. Fa comodo una forza persuasiva sentimentale in grado di modellare il significato della realtà, di rendere prevedibile la pubblica opinione e di permettere una guida che non ricorra sistematicamente alla violenza per disincentivare la naturale propensione gregaria delle persone a una crescente degenerazione morale.

Ma non voglio dipingervi il quadro della situazione culturale alla stregua di eidolon della crisi economica. L'origine della crisi economica risiede nel modello culturale alla base delle scelte fondamentali della politica che si traducono solo in seconda battuta in decisioni condivise riguardo per esempio all'impianto progressivo delle imposte o a soluzioni per contenere le conseguenze di una fase recessiva. Chi non sa di cosa parla cerca di darvi a bere che è una fase, che il progetto complessivo è comunque valido, che è tutta colpa del capitalismo e in particolare della finanza, ovvero del denaro. È come se qualcuno vi dicesse che è normale correre su un piede solo per tutta la vita e che le vesciche sono colpa della scarpa, che è sufficiente aggiustarla o buttare la vecchia per la nuova e si potrà riprendere a saltellare su un piede solo per un altro paio di secoli. Il che è anche possibile, la parte più spaventosa è che non solo è possibile trascinare il romanticismo per altri secoli, ma è anche possibile sostituirlo con qualcosa di peggio: sbagliavamo a credere che si dovesse usare un piede solo e procedere a saltelli, abbiamo scoperto che si deve strisciare sulla pancia.

La grande sovrastruttura del socialismo è palesemente contro natura, nel senso che è ovvia la funzione riparatrice della coscienza civile nei confronti di meccanismi spietati che non consentono la sopravvivenza dei meni 'fortunati'. Si tira in ballo la fortuna, il caso, non hanno di meglio d offrire come spiegazione della diversità, a meno di inserire nell'equazione una sorta di vendetta/opportunità divina dai propositi complessi e tutto sommato insondabili. La bestia nera dello scientismo, così spaventato da tutto ciò che è inspiegabile dalla ragione da volerlo eliminare. Il romanticismo impone un lieto fine e questo lieto fine la scienza e la filosofia lo ottengono eliminando fisicamente ogni fonte di colpa o distorsione caotica. Ho parlato qua, alcuni interventi fa, della soluzione dei dilemmi morali tramite l'eliminazione dei contenuti delle leggi morali (se elimini dio non ha più senso il primo comandamento, se elimini la famiglia non esiste più il tradimento coniugale, se elimini la proprietà non ha più senso il furto, e via dicendo). Allo stesso modo la scienza tenta inutilmente da decenni di eliminare le diseguaglianze togliendo di mezzo i diseguali. Comunismo e nazismo sono la stessa cosa: l'applicazione del principio romantico che in filosofia cancella (annichilisce) la morale vanificando i precetti, nella scienza elimina i malati, i brutti, i poveri, i deficienti.

Ma sono partito con l'intenzione di parlare solo del denaro, non della religione del socialismo reale con le sue ingenuità e le sue aberrazioni. Il socialismo come prodotto culturale è implementazione del romanticismo che ha figliato l'ateismo scientista e nichilista. Il problema è che l'unica alternativa che ci viene in mente è antisociale, individualista e immorale. Un problema che risale a Sparta e Atene, non è roba nuovissima, inutile che vi fate prendere dall'eccitazione, non è una novità di quelle con cui vi ha abituato la pubblicità e la retorica progressista che ogni cosa dev'essere nuova, pulita, splendente, più bella, più forte, più resistente, più eccitante e gioiosa. E vissero felici e contenti, lunga vita e prosperità. No, la vita di solito non lo è e chi non si rassegna finisce depresso e drogato, comunque infelice e insoddisfatto. Al punto che quando arriva un terremoto, un'alluvione, una crisi economica la gente è felice di poter giustificare la sua animosità senza volto, la sua rabbia provocata da un mondo che non si conforma alle aspettative. Se la prende con i potenti, con i ricchi, con gli immorali (di solito donne 'puttane'). È il romanticismo, baby, va avanti da quasi due secoli e tu ci sei nato dentro, ci vivi dentro e non te ne accorgi, come i famosi pesci di Wallace: salve ragazzi, com'è l'acqua?

Ma io volevo parlare del denaro, solo del denaro. Il denaro è un sistema di misura del valore. Il valore è dato dall'incontro tra quando è possibile incassare e quanto si è disposti a pagare in un dato momento. Il valore dipende anche dal quando e dal dove, un ghiacciolo, per esempio, vale meno in inverno, in Alaska. Il denaro è solo questo: uno strumento per effettuare scambi senza gli intoppi e le seccature del baratto. Il denaro può solo essere troppo o troppo poco. Se è poco la banche non hanno nulla da prestare e calano gli investimenti, spendi oggi e recuperi in tot anni, calano i consumi, non ti finanziano la sostituzione della macchina, e di conseguenza calano i prezzi, la produzione, e di conseguenza scattano i licenziamenti. Non è il denaro in sé a provocare tutto questo, è la sua scarsa disponibilità. Non è colpa delle banche se c'è poco denaro, non è colpa dei governi se il denaro viene a mancare. Si tratta del sistema, non del sistema capitalista, non c'entra niente il capitalismo nel discorso, la stesa cosa può accadere in qualsiasi sistema, capitalista o comunista che sia, ovunque si utilizzi il denaro si accettano le regole che determinano il funzionamento di qualunque strumento di pagamento. La finanza tratta solo del rischio legato al prestito, allo scorrere del tempo, al verificarsi di condizioni più o meno limite. La gente parla del denaro come parlasse del tempo, oggi piove, sì, e la colpa è degli speculatori.

Il motore dello sviluppo basato sulla crescita infinita è attuato sia nel capitalismo che nel comunismo, voglio essere chiaro su questo. Nei paesi comunisti si produce come nei paesi capitalisti, non aumenta il numero di pezzi stampabili da una pressa idraulica a seconda che si assuma il rischio imprenditoriale una società di capitali privati o lo Stato. L'aumento di popolazione è l'unica risorsa sulla quale i regolatori di mercato non hanno controllo, perfino sul prezzo del petrolio si può influire, a costo di fare una guerra se necessario, ma sulla popolazione no. La crescita infinita non solo presuppone risorse naturali infinite (e già questo basta per affermare che è una logica necessariamente di breve periodo, smith o non smith), ma anche una continua fonte di manodopera a basso reddito che sostenga i consumi. Masse motivate all'acquisto della qualunque, povere e poco istruite, che accettino lavori di merda per paghe di merda. Altrimenti devono trovare schiavi da fuori, d'importazione. Se poi, adesso che sapete tutto questo, volete andare in piazza a occupare, agitare cartelli, respirare lacrimogeni, far casino, sai che roba, sono molto impressionato, cercate di divertirvi che siete giovani (se siete vecchi mi fate solo pena).

Anche troppi soldi non va bene, ma è sempre meglio che pochi, per via della finanza, quella stessa finanza che ora viene accusata di ogni male. Se la finanza non avesse pompato soldi nel sistema l'unica cosa che sarebbe accaduta è che la crisi sarebbe capitata prima. La finanza ha rimandato il peggio dando modo ai governi di sistemare le cose. Come chi fa un prestito a un padre di famiglia che sta attraversando un periodo difficile. Solo che il periodo difficile non è temporaneo ma prolungato, l'ingresso nel mercato di nuovi attori (è un termine tecnico, in economia si chiamano attori nel senso che agiscono, non che recitano) ha creato un fortissimo disequilibrio, uno sbilancio con ripercussioni che avremmo potuto evitare solo continuando a isolarci, noi paesi occidentali dico, tenendo fuori il resto del mondo, quello sì ricchissimo, ma di gente povera e ignorante che non vede l'ora di seguire le nostre orme, solo che recuperano uno svantaggio di secoli in tempi rapidissimi perché la tecnologia, la conoscenza, permette salti di passaggi. Un selvaggio non si deve reinventare la ruota per costruire una fabbrica di biciclette, gli basta assumere un ingegnere appena uscito da un'università occidentale. Noi invece siamo ricchi di gente istruita e benestante che non sa nemmeno cos'è il denaro, e nessuno glielo spiega, non sento dire da nessuno le cose che scrivo io. Eppure sono cose semplicissime, non ci vuole un genio per capirle.

Se la carenza di denaro è nociva, anche se ineluttabile quando l'amministrazione pubblica consuma una fetta esagerata della ricchezza nazionale, il caso di molti paesi più socialisti di altri, ovvero garantiscono standard di benessere che il sistema produttivo non può assolutamente permettersi spendendo cifre che non possono venire parificate dal prelievo fiscale. Quando i soldi se ne vanno tutti al sostegno del bilancio statale i soldi vengono a mancare, ma qui si innesca la finanza, buona o cattiva. Perché oggi vi spingono a odiare la finanza? Presto detto, perché per il socialismo la finanza buona è quella che immette liquidità. Perché è buona la finanza che aumenta la quantità di denaro in circolazione? Presto detto, perché crea inflazione e svalutazione, permettendo al governo di esternalizzare il costo delle politiche socialiste. L'inflazione è una tassa sul denaro. Solo chi è in possesso dei titoli di credito (ogni singola banconota è un titolo di credito che permette di esigere un controvalore dalla corona/tesoro/emittente) perde ricchezza. Il solo fatto di essere ricchi implica un costante e inesorabile impoverimento dovuto a erosione del potere d'acquisto. Musica per le orecchie del socialista ma anche per lo Stato assistenziale, per il voto di scambio, per le mille possibilità di spesa improduttiva e di corruzione e di alterazione dei principi concorrenziali nelle mani del potere. Per chi non è ricco ma ha debiti, come lo Stato, l'inflazione è un ulteriore toccasana perché riduce il valore dei debiti. La svalutazione invece riduce automaticamente l'esposizione con i creditori esteri. Chi ha investito in valuta locale vede deprimersi il controvalore.

No so perché nessuno ve lo spiega. Spero che non sia un segreto di stato e di non pagare conseguenze per averne parlato. L'equazione è smaccatamente lineare: stampo moneta per finanziare la crescita, affinché gente povera e ignorante diventi ricca e istruita, dopodiché mi serviranno nuovi poveri e ignoranti, nell'ipotesi che le materie prima siano sempre abbondanti e a buon mercato e che l'inflazione non superi mai il livello tale da far preferire il taxi perché si paga a fine corsa, o da ritrovarmi nel paradosso comunista delle tasche piene di soldi ma negozi vuoti, o da spingere gli stranieri a non comprare i miei titoli né accettare la mia valuta in pagamento perché ritenuta carta straccia a causa delle continue svalutazioni. Spero che adesso abbiate capito un po' meglio come funziona il denaro e che la prossima volta che vi invitano a manifestare sprechiate qualche secondo a chiedervi perché e per chi lo state facendo. Se invece vi piace far parte della massa, siete inguaribili romantici, allora accomodatevi, che magari riuscite a farvi riprendere dalla tv e diventate famosi per i warholiani quindici minuti.

mercoledì 2 novembre 2011

Lo zen e l'arte di sbattersene

L'artista non lavora. Le cento semplici regole per diventare un artista sono uno stratagemma per vendervi un libro. Chi ha capito che c'è un sacco di gente che vorrebbe diventare un artista ha convenienza a sostenere la grande bugia universale del tutto è possibile, basta volerlo, basta applicarsi. Il trucco del motivare la gente è vecchio come il mondo: schiavi obbedite e siate onorati di trascinare macigni per la gloria del tempio di Ra. Verrete ricompensati. In questa vita o nella prossima, in questo mondo o nell'altro. Chiamano artisti i venditori di se stessi, i commercianti di oggetti numerati e articoli degni di un aristocratico. Diventa nobile comprando uno di questi, entra a far parte dell'élite sostenendo queste idee e i nostri progetti. L'arte di fabbricare orologi, di pronunciare un discorso, di presentare lo stacchetto delle ballerine. In questo periodo di demolizione pensavano di fare la rivoluzione e invece stavano solo demolendo. La famiglia, i valori, l'autorità, la giustizia, tutto quanto, per rimpiazzarli con traguardi asintotici e promesse irrealizzabili: tutti belli, tutti ricchi, tutti uguali. Uguali a che? Allo stampino platonico? La favola del progresso fa sempre più fatica a essere credibile, la propaganda si distingue sempre meno dalla pubblicità. Ma dire queste cose è lavorare, mentre l'artista non lavora.

L'etica del lavoro mortifica l'esigenza creativa. Il lavoro è l'orizzonte degli afflitti alla ricerca di gratificazione materiale e al contempo morale, l'artista si muove sul piano spirituale, al di sopra delle equazioni di cui si ciba la ragione. Il lavoro serve per essere riconosciuti dentro a un ruolo, per identificarsi con una carica, per godere il peso di responsabilità straordinarie. Il lavoro serve per vivere il mito dell'etica protestante, laddove è premiato lo sforzo e domina la meritocrazia, oppure per sopportare il mito dell'etica cattolica, laddove il lavoro è il modo per emendarsi in una perenne condizione di colpa che si rinnova. In ogni caso la povertà è vergogna, la disoccupazione infamia, il successo diventa l'espressione della benevolenza divina che nel protestante viene applaudita e nel cattolico viene rimproverata. In entrambi i casi il lavoro come dimostrazione di sanità fisica e mentale, dove chi non lavora è malato, è stupido, è malvagio, è criminale. Nel protestante chi non lavora viene punito, nel cattolico viene recuperato. Ai lavori forzati questi, nei campi di rieducazione quelli. La politica ai raggi x è religione, codificazione della morale in tavole della legge. L'artista si muove in una dimensione più complessa.

L'artista non lavora. Il lavoro serve per vivere, l'arte serve per morire. Si lavora per acquisire dei diritti che altrimenti non si possono avere. Questo significa che ci deve essere gente che non ha se non lavora perché se non serve lavorare per ottenere un diritto allora perché faticare, per altruismo? Per sport? Per senso del dovere? Si lavora per esercitare il possesso o la proprietà su qualcosa, esercitare il potere su qualcuno. Il protestante tende a non dare nulla a chi non se lo guadagna, il cattolico tende a dare tutto anche a chi non lavora. I due estremi li chiamano capitalismo e comunismo, la via di mezzo liberalismo e socialismo. L'artista non ha nulla a che fare con il lavoro. L'artista non crea le sue opere per ricavarci di che vivere, realizza una pulsione per affrontare la morte e con essa la vita come immagine speculare, da speculazione, riflessione, riflettere. Il lavoro prevede organizzazione, controllo, economie e diseconomie, ripetizione. Il lavoro è tutto ciò che un artista non deve fare. La crescita professionale passa da conoscenze, dalla raccomandazione del parente o del politico o del prete, tessere di partito, militanze, compromessi, è una faccenda politica come ho spiegato sopra.

Anche spiegare non è arte, è lavoro. L'artista non spiega, si guarda bene dallo spiegare, l'artista fa. Il lavoro, compreso spiegare, è inutile per finalità di lungo periodo, puoi spiegare forse qualcosa, forse a qualcuno, ma il mondo è troppo grosso da smuovere per un uomo solo, e l'artista è la quintessenza della solitudine, come chiunque si ponga di fronte all'oceano, all'orizzonte, all'infinito. L'artista si rivolge a pubblico ideale, fatto di tanti se stessi. L'artista non crea per avere un pubblico, crea nonostante il rischio di avere un pubblico. Se un artista pensasse a persone vere che lo leggono, ascoltano, guardano, capirebbe quanto la gente vera è distante dal suo pubblico ideale e non muoverebbe più un dito, a nessun prezzo. L'artista è un uccello in gabbia che viene nutrito dal mecenate, è l'uccello che non semina, non miete, non riempie i granai, un'esistenza che gioisce in totale abbandono e fiducia fino allo struggimento e all'afflizione. Chi lavora produce intrattenimento, non c'è nulla di mistico nel ciclo di produzione, commercio e consumo. Il popolare di oggi sarà l'esclusivo di domani, il progressista di oggi sarà il conservatore domani. La perdita di qualità si verifica quando il valore è decretato dall'indice di gradimento, quando l'arte è valutata in termini di tempo-lavoro. L'artista non lavora, il valore non è calcolato o ricavato da curve di preferenza in condizioni di ottimo paretiano. Non esiste pubblico ma discepoli. L'artista è un maestro suo malgrado per chi si sforza di ricreare il palcoscenico mentale sul quale si esibiscono le opere, e più è grande la maestria dell'artista più è difficile scalare la vetta che dà accesso al punto di vista privilegiato dell'autore.

L'artista sceglie di diventare quello che è già in potenza, risponde a una chiamata che gli impone una fatica cento volte superiore a quella di qualunque lavoro perché non deve essere fatto dalle mani dell'uomo ma per mezzo delle mani dell'uomo. Il lavoro viene prima, nell'esercizio, nella cultura, nell'applicazione, nei requisiti dell'arte, la dimestichezza con le regole e con gli strumenti. Tutto ciò che è mestiere. Il mestiere può essere lavoro manuale o intellettuale molto sofisticato, ma non può essere arte. L'arte è un gradino oltre, non dà a qualcuno quello che vuole, desidera, abbisogna. L'artista autentico dà e toglie certezze, nuove angolazioni, prospettive originali, crea necessità e domande e non sempre le soddisfa e risponde. E non gioca. Questa cosa che se non è lavoro è un gioco, che se non ti pagano è un hobby, ecco, basta, è questo il pubblico che l'artista deve ignorare per non deprimersi e suicidarsi, un corpo fatto di milioni di persone che dicono scempiaggini e non capiscono niente. Per riallacciarmi a quanto sopra, si capisce perché i grandi maestri sopravvivono dove ci sono mecenati e cattolici, e perché l'arte pop è sbocciata dove ci sono commercianti e protestanti.



Questa foto ha vinto il concorso CIWEM. Kathmandu, Nepal, questi due bambini vivono con la nonna accanto alla discarica. Ogni giorno cercano tra i rifiuti qualcosa che si possa rivendere per comprare del cibo. Se non trovano niente la nonna li sgrida. A volte non trovano niente di utile per giorni e al piccolino viene molta fame. Adesso venite a raccontarmi della morte di gente famosa idolatrata dai media che vale meno della spazzatura in cui rovistano ogni giorno a mani nude questi bambini e chiedetevi se esiste davvero un motivo per non morire così, tutti quanti, in massa, di colpo, su due piedi, senza finire di parlare o iniziare a pensare.

Il post finisce qua, il seguito è per chi ha l'impressione di non aver capito bene.

P.S.: la cruna dell'ago. Basta. Non è un ago da cucito. C'erano due porte, una per le carovane, una per la gente a piedi. L'ingresso per gente a piedi era una porticina troppo piccola per un cammello, specialmente se carico di merce, aveva un nome che è stato tradotto cruna dell'ago ma non è un ago. Per dire, il corpo fatto di milioni di persone di cui sopra, non lo sa, non sta bene dirlo perché sono potenziali clienti/amici/elettori, ma siccome l'artista non lavora e non vende, l'artista lo può dire che il pubblico è una massa di stupidi e ignoranti e che la cosa più zen da fare a riguardo del pubblico è sbattersene i c

A proposito di cammelli e ricchi. La ricchezza è creare un capitale da lasciare ai figli, che sia una mandria o un appartamento. L'illusione di ricchezza con cui vi fanno lavorare invece è una truffa perché non vi dicono che gran parte della vostra ricchezza svanisce col tempo. Vi ammazzate di fatica, arrivate a compiere azioni di cui vi pentite o vi dovreste pentire, al fine di mettere insieme una ricchezza che evapora. Se diventate ricchi siete costretti a spendere tutto in consumi, che sia l'ultimo cellulare o droga, una vacanza o ballerine, vestiti o gioco d'azzardo. Non vi danno modo di investire capitalizzando. Il capitalismo, liberista o socialista, come vi pare, non c'è più. Stanno bastonando un cavallo morto, ucciso dallo statalismo e dal socialismo. La ricchezza ve la mangiano con l'inflazione e la svalutazione, con le tasse sui beni reali che comunque necessitano di manutenzione. Anche se mettete assieme tanta ricchezza da far contenti gli eredi avrete comunque lavorato molto più del necessario: il valore di quanto avete strappato al mondo è una misera frazione dell'intero. Secoli fa avreste ottenuto lo stesso lavorando meno, siete schiavi della crescita forzata e lo chiamate progresso. Siete come i cammelli della parabola, sfruttati per un lavoro che non è necessario e carichi di roba che non vi serve, vi piacerebbe entrare dalla porta piccola ma non è solo il fatto che avete e/o volete trascinare/sfoggiare quintali di roba, è che siete stupidi come un animale, cammello o somaro o bue, scegliete voi quello che preferite. Dove va la ricchezza che lo Stato vi sottrae? Come spendono i vostri soldi i partiti? Per finanziare le vincite elettorali future? Fino a quando aumenta la popolazione, aumentano le fabbriche, cementifichi e asfalti tutto, apri supermercati e inventi nuove feste per scambiarsi regali, insomma ficchi carbone nella caldaia e la locomotiva tira anche se aggiungi vagoni, ma a un certo punto le leggi della meccanica, della termodinamica, la forza di gravità, insomma, a un certo punto ti ritrovi a bastonare un cavallo morto, il punto in cui siamo noi: troppa popolazione, troppo inquinamento, scarsità di risorse che diventano sempre più care, troppo consumo che son tutti obesi e impasticcati. Ecco, questo è lavorare, scrivere per un pubblico, l'artista invece è quello che scrive senza l'obiettivo che il pubblico capisca il lavoro che c'è dietro, e non vuole nemmeno pensare all'esistenza di un pubblico vero, là fuori, che si limita a un giudizio approssimativo perché è un corpo fatto di milioni di individui senza cervello che non possono, per fare un solo e chiaro esempio, pensare alla cruna dell'ago come a qualcosa di diverso che una cruna dell'ago in cui passa il filo da cucito.

L'approfondimento finisce qua, se qualcuno ha ancora l'impressione di non aver capito per favore non me lo dica, non lo voglio sapere, non voglio feedback, non ci sono schede da compilare per capire quanto è soddisfatto il cliente del servizio o per inoltrare delle lamentele, faccia finta che non esisto e vada a leggere un bestseller o a guardare un blockbuster.

martedì 25 ottobre 2011

Utilitarismo, individualismo e tecnocrazia.

I media, con la stupidità che li rende indistinguibili da chiunque prenda una notizia battuta da un'agenzia stampa e decida di commentarla o meno a seconda di quanto si presti a essere strumentalizzata a fini di propaganda. I media attribuiscono al Papa un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, un 'organismo' costituito durante il Vaticano II che si propone di 'stimolare' i cattolici e promuovere sviluppo paesi poveri e pace nel mondo. Avrei preferito parlare, che ne so, della gente a cui piace vedere altra gente che rischia la vita come se sopravvivere equivalesse a sconfiggere la morte. Gente che tifa per chi vince e si unisce al coro delle prefiche di chi lascia le penne. Anche gli animali lo fanno, con l'unico obiettivo di riuscire a scopare o di mangiare il cadavere. E invece arriva questa nota che dice cose interessanti, le cose più rivoluzionarie alla fine arrivano sempre dai presunti custodi della tradizione. Adesso parlano, tra l'altro, di governo mondiale. Ne sentivo parlare negli anni '70, ero piccolo ma l'epopea del progresso contava una miriade di seguaci pronti a qualunque sacrificio pur di realizzare quella specie di razionalismo robotico da scientismo totalizzante. Un problema culturale ancora attuale, purtroppo, nonostante i vistosi fallimenti di tutte le strutture concettuali che tentano di prescindere dall'innata imperfezione umana, dalla tensione all'errore dell'essere umano. Pur di non abbandonare un progetto che richiede individuo disumanizzati e perfetti, cerca di aggiustare gli uomini, di eliminare i bug a costo di eliminare tutti gli individui non compatibili con il sistema. Di dittature che spediscono dissidenti e inadatti nei campi di rieducazione o di concentramento ce ne sono ancora in giro, e parecchie, nel mondo.

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, non il Papa, ha pubblicato un nota, non un'enciclica, contenente una critica e una proposta. Parliamo prima della proposta: si tratta di incontro/confronto globale fra tutti i popoli e le nazioni finalizzato alla realizzazione di un'autorità mondiale incaricata di appianare i contrasti, organizzare la distribuzione delle risorse, smussare le differenze per annullare le divisioni. Un mondo pieno di gioia e armonia, una specie di paradiso in terra, ecco, non sto dicendo che è un piano utopistico perché quando parli con un prete il più delle volte è un invasato, un visionario, un soldato di Cristo. A certi livelli si presuppone che i preti abbiano esaurito la carica eversiva della fede che a loro piace considerare alla stregua di un sentimento altruista, un impulso succedaneo all'appagamento sessuale pregiudicato dal voto di castità. Invecchiando di solito vengono toccati dalla saggezza dell'esperienza come chiunque altro, tranne poche eccezioni che non stiamo a indagare. Ecco perché il Papa di solito è vecchio, intelligente e colto, e non giovane, battagliero e avventato. Bisogna dirle queste cose altrimenti la proposta del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace magari viene fraintesa. Nello specifico si propone, al fine di regolamentare l'economia globalizzata per impedire eccessi e distorsioni, l'istituzione di un governo mondiale con tanto di leggi mondiali, un'ONU con poteri esecutivi, la subordinazione degli stati nazionali a una autorità sopranazionale in grado di imporre la fiscalità con finalità solidaristiche fra paesi, di gestire la scarsità delle risorse per dividerle in modo equo, insomma il governo mondiale che c'era nei fumetti, dove il Presidente della Terra (che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ci veda bene il Papa?) telefonava alla sede della lega dei supereroi quando l'umanità chiedeva aiuto per fronteggiare una minaccia planetaria che stava per distruggere il mondo.

Non mi sto prendendo gioco del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Sono sicuro che sono a conoscenza del fenomeno del free raider, della teoria dei giochi, della neutralità del capitalismo come sistema di regole rispetto alle scelte di chi entro quelle regole si muove e prende decisioni. Non sono degli sprovveduti o degli stupidi, suppongo, al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sanno benissimo anche quante persone deve ospitare al massimo il pianeta per consentire a tutte una qualità di vita dignitosa, per via del nulla si crea dal nulla, della povertà relativa, dell'entropia che mai diminuisce, che una parte dell'energia viene consumata dal processo che serve per produrre energia. Sanno tutto, ci scommetto, eppure mi propongono un'autorità mondiale con tanto di superpoteri, del tipo questo mese carestia in Somalia ergo resto del mondo manda 10% riserve di cereali stop, seguono dettagli operativi stop. Oppure Cinesi siete in troppi non fate più figli per 40 anni o uccidete il 60% degli ultrasessantenni. Oppure inglesi tre volte più ricchi dei birmani prego versare differenza sul conto corrente numero. “Dalla Torre di Babele allo Spirito di Pentecoste”, hanno perfino inventato lo slogan, che io quelli del marketing li detesto, son delle serpi, ma in questo caso farò finta che sia una parola d'ordine da occupazione scolastica negli anni di piombo, qualche vecchio trombone che ha avuto un attacco di nostalgia dentro al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, da ora PCGP, che sembra la sigla di qualche partito rivoluzionario marxista sudamericano. Senti qua: “passare dallo spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di Pentecoste, che è il disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità”, quando sento nominare Dio da qualcuno che mi dice di conoscere il disegno di Dio a me vengono i brividi e tendo a scappare, ma al PCGP non sono matti, al massimo dicono queste cose per accarezzare le menti semplici, come i politici che fanno i comizi davanti a gente che sventola bandiere, lo sanno che stanno dicendo delle gran cazzate ma alla gente piace venire rassicurata, esaltata, sostenere il condottiero (almeno fino a quando fallisce e allora lo fa a pezzi e ne cerca uno nuovo).

Per cui la proposta, ripeto per chi si è distratto, è questa: un'autorità pubblica mondiale. Lo scopo principale è di tipo pratico, il governo mondiale. Lo scopo secondario è annientare tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia. Come può un'autorità pubblica mondiale distruggere queste tre 'ideologie devastanti'? Già definirle ideologie devastanti è sintomo di un disturbo mentale molto serio, ma facciamo finta tromboni utopia PCGP i vecchi telefilm di fantascienza, non ti sto dando ragione come si dà ragione ai matti. Queste ideologie come si esprimono? Indovinato? Esatto, nell'economia e nella finanza. È lì che volevano arrivare, quelli del PCGP, a consigliare una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, tanto per cominciare. Una tassa sulla produzione di inquinamento. Questa autorità mondiale avrebbe molto a cuore il bene comune, è ovvio, come ho fatto a non arrivarci da solo?, e ci consentirebbe di 'recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato della politica sull’economia e la finanza', viva la politica etica e spirituale, abbasso l'economia e la finanza utilitariste, individualiste e tecnocratiche. Guardate che questi del PCGP le stanno sparando grosse, non sto scherzando, questi sono professionisti del machiavellismo travestiti da preti, addirittura, per prevenire accusa di paternalismo, mettono le mani avanti a danno del paternalistiche alle politiche nazionali iperprotettive che impediscono ai mercati alti livelli di efficienza e di efficacia. Questi sono professionisti, ti ribaltano addosso l'accusa prima ancora che la pronunci. Peccato che qui si incartino correlando efficacia/efficienza dei mercati a una non meglio precisata etica, ovvero un insieme di regole convenzionali che non sono frutto di considerazioni razionali ma di concertazione maggioritaria o di imposizione autoritaria. Anche al PCGP parlano di economia senza averla studiata? No dai, non possono essere così ingenui da pensare di sparare cavolate e passarla liscia, forse spiegano i dettagli in un allegato di settemila pagine che mandano su richiesta dell'interessato.

Ma veniamo alle premesse, giuste, a sostegno della tesi, sbagliata. È retorica di primo livello, se le mosche hanno le ali come gli uccelli e entrambi volano, allora gli aerei dobbiamo costruirli con un numero di zampe che va da due a sei. Sembra logico, ma è una cazzata. Le tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia sono espressione naturale delle pulsioni umane, non sono sovrastrutture delle quali possiamo e dobbiamo fare a meno per essere uomini più completi o puri o meritevoli. Nessuna autorità mondiale potrà mai 'superare' (la nota del PCGP è piena del verbo superare, forse si sentono alla guida di una formula uno) né quelle tre ne altre decine di caratteristiche della realtà che collidono con i progetti miranti alla perfezione (e qui sì che Babele ci sta). L'utilitarismo è una necessità del sistema prima che una consapevole applicazione umana nel senso previsto dal naturale evolversi della situazione. Puoi opporti a ciò che è oggettivamente utile al perseguimento dello scopo del mondo, di un governo, di un gruppo, di un individuo, ma non puoi opporti alle equazioni sottostanti. Se quando è nato Gesù si stimano 200milioni di persone in tutto il mondo e oggi siamo in 7 miliardi non possiamo far finta che non sia una variabile da tenere in considerazione nella formulazione di soluzioni tanto e più di valutazioni di ordine etico o di opportunismo. Un vincolo materiale non è indizio di materialismo. PCGP, mi spiego? L'individualismo è un'altra qualità imprescindibile dell'uomo. L'uomo nasce individuo, si rappresenta come tale di fronte a sé e di fronte a Dio, possiede coscienza solo del sé. Credersi in grado di comprendere e assorbire l'alterità è superbia (anche qui Babele ci sta), incaricarsi di agire anche per conto degli altri in nome dell'altruismo è inganno. Non esiste società se non di individui liberi e indipendenti, non esiste famiglia laddove i componenti sono considerati meccanismi che partecipano di un corpo istituzionale e non essenziali componenti di un corpo mistico. L'individualismo è applicazione del libero arbitrio e non deve essere sacrificato a esigenze di ordine superiore.

Ci rimane la tecnocrazia. È una delle tante teste del mostro che domina le nostre vite e modella l'ambiente in cui siamo prigionieri. Limitarsi alla tecnocrazia è come indicare nell'influenza stagionale la summa di tutte le malattie mentre è solo la più comune e visibile. È vero che non possiamo opporci alla scienza applicata che ci persuade col marketing, quando non ci obbliga per legge, a utilizzare marchingegni di cui potremmo fare a meno. Lo fa per il nostro benessere, la nostra comodità, la nostra sicurezza, la nostra salute. Siamo nelle mani della scienza e a lei ci rivolgiamo nella speranza che scopra il segreto della bellezza, della gioia e della vita eterna. I sacerdoti della scienza continuano a fare promesse e a nutrirci di sogni, la pillola dell'intelligenza, i viaggi nel tempo e nello spazio interstellare, la società matematicamente progettata per eliminare ogni differenza, robot che fanno tutto il lavoro, energia gratuita e abbondante, una vita facile tutta da godere mentre quel che si ottiene è stress, traffico, inquinamento, uniformi, meno tempo libero, meno libertà, condizionamenti, vergogna, droghe, pressioni, violenza, disperazione. Ma siccome il PCGP non può scagliarsi contro la scienza o gli dicono che è creazionista, reazionario, bigotto, antimodernista, allora il PCGP deve evitare scontri frontali e ricorrere a mezzucci come la tecnocrazia, abbassa il livello della discussione al moralismo assai noto agli ipocriti, quello che tiene separati pensare e agire in una prospettiva di accettazione e perdono, e il PCGP allora dice che “è necessario colmare il divario tra formazione etica e preparazione tecnica evidenziando la sinergia tra 'praxis' (agire morale) e 'poièsis' (agire tecnico e produttivo)”, una sintesi che ha troppo dell'Hegeliano (così si spiega tutto quell'uso che fa il PCGP del verbo superare?). Ancora Hegel, ancora percorsi storici finalizzati, millenarismo babelico da paradiso robotico dentro un romanzo di fantascienza, ancora il primato della politica da affiancare alla delusione della realpolitik, ancora il massimalismo, il determinismo, e tutta la pappardella già ingoiata e digerita negli ultimi secoli che ha ucciso milioni di persone con la scusa di andare oltre, di venirne fuori. Ma non dobbiamo prendercela con il PCGP, cosa dovrebbe dire di diverso? La Chiesa quando esercita potere temporale si occupa dell'umanità intera e non dei singoli uomini che la compongono, il potere spirituale è demandato a quegli stessi individui che non vengono presi in considerazione dal PCGP, si sa che nelle grandi visioni politiche le strategie si fanno militari e i singoli diventano pedine inutili e sacrificabili.

giovedì 20 ottobre 2011

Le cerchie e i gironi.

(disclaimer: scusate, un'altra cosa lunga, ormai l'ho scritta e la mando, così com'è, che ho smesso di rileggere e correggere quel che scrivo da decenni, si vede che è periodo di chiacchiere, va così, logorrea, poi magari sto zitti per giorni e giorni, parla degli indignati, credo, di economia, di Leon, dei socia network, del fatto che se ti butti affoghi anche tu, della stupidità, di Sturm und Drang, insomma la solita roba da vecchi brontoloni, se vuoi leggere allora leggi sennò non leggere, giovane ragazzo del futuro, ciao, fa' come ti pare)

Non ho più una vita sociale come l'avevo quando andavo al bar o al campetto dell'oratorio, ma ho delle persone classificate come amici su facebook, anche se non so chi siano. Con alcuni di loro si verifica uno scambio di opinioni da un paio di decenni, altri invece li ho incontrati da poco. Scriviamo delle cose dentro a facebook e poi ci chiediamo che figura ci faremmo nel caso dovessimo cliccare mi piace oppure addirittura commentare. Perché c'è la complicazione che poi altra gente ancora più sconosciuta si accorgerebbe della nostra esistenza, della nostra volontà di evidenziare un contatto mediante il click, e partirebbero i pettegolezzi 'ma chi è?', come se tu gli sei piombato in casa senza telefonare prima, che poi manco ti conosco ma chi ti ha invitato? Per cui i social network, per chi non lo sapesse, funzionano che se devi fare pubblicità a te stesso o a tuoi prodotti va bene, dici delle cose, cerchi di fare il simpatico, come quando facevi pirlate per metterti in mostra da bambino, però a un livello più equilibrato, socialmente accettabile. Altrimenti parli per anni e anni con gente che non sai nemmeno chi è e in fondo non te ne frega nemmeno di saperlo, così se si ammala o muore a te basta togliere dalla lista, dalla cerchia, non devi nemmeno sforzarti di provare dispiacere.

Ci sono le liste, le cerchie, per tenere lontano la gente senza che se accorga, come a scuola che ti voltavi e le ragazze stavano ridacchiavano fra di loro e tu fingevi di non pensare che stessero ridendo di te, facevi l'occhiolino, la linguaccia, e loro ti dicevano che scemo. Ecco, eri in una lista bloccata, eri in una cerchia di esclusi. Così puoi far vedere il tuo diario segreto sollo alle amiche del cuore, puoi nascondere a familiari e conviventi i tuoi piccoli traffici da testa bassa e mani in tasca. Per esempio io ho una manciata ridicola di amici e li ho comunque divisi in famiglia, scuola, mmorpg, conoscenti e bloccati. Non ho la lista amici veri e propri, non so perché ma li ho finiti, mi ostino a considerare di averne ancora due vivi dei quali potrei fidarmi a chiedergli di farmi un favore nel caso mi succeda qualcosa di improvviso, cose così, uno era in classe con me alle elementari, l'altro al liceo. Entrambi li sento più o meno una volta all'anno, per gli auguri via sms. Sono delle icone dell'amicizia, sono degli amuleti viventi. Per il resto parlo con gente morta, parole scritte da così tanto tempo che adesso è difficile capirle, ti sembra che nel passato la gente fosse molto stupida, è come prendere in mano un attrezzo sporco e arrugginito e chiedersi a cosa cazzo potesse mai servire una tale mostruosità tecnologica. Oppure parlo con gente che deve ancora nascere, cercando di spiegare loro che non devono pensare che la gente del mio tempo sia stupida perché anche loro nel futuro lo saranno, forse un po' meno, può darsi, ma forse un po' di più.

Nonostante l'idea che il livello di stupidità degli esseri umani, sia presi singolarmente sia come società sia come umanità nel suo complesso, sia più o meno costante nel tempo, ovvero parecchio alta, ben al di sopra della soglia di pericolo, come quando un malato inizia a far male a se stesso e agli altri ma non c'è il medico, l'ospedale, gli infermieri, ci sei solo tu che ti si rizzano i capelli in testa e non sai dove scappare, ecco, la sensazione in linea di massima è quella del panico controllato. Solo che a volte il controllo sei stanco e ti lasci andare e rischi contatti umani. Nel film 'The professional' Leon dice "Il fucile è la prima arma che si impara ad usare perché ti permette di mantenere una certa distanza dal cliente. Più ti avvicini a diventare professionista, più riesci ad avvicinarti al cliente. Il coltello per esempio, è l'ultima cosa che si impara." I rapporti umani sono essenzialmente dolorosi, che ci sia o meno intenzione, perché a volte ci si fa male anche da soli, anche facendo attenzione a metterci tutto l'amore possibile. Ma che tipo di amore? Viviamo l'epoca del romanticismo, l'amore di questi tempi è spesso venato di masochismo. Ma qui entriamo in un altro argomento, stavo parlando di rete sociale, il fenomeno del momento, la copia tascabile dello Sturm und Drang for dummies, la catena di montaggio per tigri di carta, dove viene forgiato il futuro del mondo (virtuale).

Cerco di evitare il più possibile i social network perché poi mi scappa un commento, un battuta, e su internet ogni fiocco diventa valanga. Ragazzi del futuro, lo so che la gente è stupida, lo so che lo è chi segnala la pagliuzza della mediocrità, della sciatteria, definendola una riduzione generale della qualità dovuta alla tv e a chi ritiene responsabile dei contenuti della tv come strumenti educativo di massa. Lo so, ragazzi del futuro, e allora? Cosa posso farci? Credete che serva dire guardate che allora anche internet. Guardate che non è solo in Italia. Guardate che non si è ridotto il livello di qualità massimo raggiungibile, è piuttosto l'effetto dell'aumento del numero di voci che influisce sulla media. La democrazia come media delle opinioni è necessariamente populismo e demagogia. Sono cose che ai ragazzi del futuro sembreranno così lampanti da ipotizzare che il popolo a quei tempi fosse tenuto soggiogato dal potere e ipnotizzato dalla propaganda. Quello che diciamo noi dei popoli del passato, dagli unni agli assiri, dai nazisti ai comunisti. Eppure le masse si muovono come branchi di pesci, come sciami di api, come formiche eccitati dai feromoni. Vogliono che succedano cose determinanti, cambiamenti epocali, essere protagonisti o, se proprio, almeno testimoni, quando la testa del re viene spiccata dal collo e rotola nel cesto, quando la città dei nemici viene messa a ferro e fuoco, quando l'incarnazione del male viene impalata.

L'altro aspetto è sia commerciale che espressione di vanitosa superbia. La blasfemia è ribellione a parole come la violenza è ribellione nel gesto. E da sempre paga il ruolo del bardo, che incita rollando sul tamburello, soffiando nella tromba, scrivendo ballate, cantate, poemi omeriche o scespiriani. E il bardo di basso livello diventa giullare, diventa buffone, diventa ubriacone da prendere a calci ridendo quando diventa seccante. Noi abbiamo questo tipo di scadimento culturale anche nella nobile arte del narrare, intrattenimento che va dalla geisha alla vecchia puttana tossica e sifilitica di periferia. Ragazzi del futuro, lo so, sono stupido ma sono entrato nell'università più prestigiosa d'Italia, e forse d'Europa, superando rigidi test d'ammissione su conoscenze capacità potenzialità e quoziente intellettivo, sono stupido anch'io, va bene, ma non più di tanto. Lo so che è da stupidi rinchiudere tutto questo negli stretti ambiti di una malattia che riguarda solo chi guarda certi canali televisivi, chi vota un certo partito, chi la pensa in un modo piuttosto che in un altro su questioni politiche o si rifiuta di superare dilemmi etici e morali semplicemente cancellandone l'esistenza, come si cancella il furto eliminando la proprietà, cosa rubi se niente e è di qualcuno?, si elimina il primo comandamento eliminando Dio, è tutto così semplice, vero?, ma poi cosa ti resta in mano? Ragazzi del futuro, è inutile cercare di far ragionare le masse, è come cercare di far volare le montagne prendendole a calci, di fermare i salmoni quando decidono che è ora di tornare a casa.

Per esempio su internet negli ultimi giorni è stato un proliferare di frasi legate all'indignazione mondiale. Gente che va in piazza a protestare come sempre ci va, per un motivo o per l'altro. E quindi gente che nella vita fa tutt'altro si mette a parlare di economia come se la studiasse da una vita, come se usare i soldi ti rendesse esperto della materia, la stessa semplificazione che ti fa dire se mettiamo i bambini nel kibbutz nessuno ha madre e padre e tutta quella roba di Freud possiamo finalmente buttarla nella spazzatura. Demolizione della cultura, che diventa essa stessa sovrastruttura, oppio, e la ricerca di una spiegazione che non escluda la complessità viene scambiata per accanimento terapeutico. Arrendetevi alla banalità del reale. Un mondo di slogan dove no c'è più spazio per niente, cartelloni pubblicitari ovunque, vite tenute in ostaggio dalla modernità al punto da mandare nel panico chi è abituato a redditi da benestante e non ha idea di come si possa sopravvivere senza una buona lavanderia sotto casa e la banda larga. Quindi giù a lottare per mantenere lo status quo, a indignarsi per la crisi, a cercare colpevoli da punire. A volte quando sento dire assurdità mi viene da dire ma perché al posto di economia e politica, di cui sai poco o niente, non parli di laparotomia sottocostale, di simbionti azotofissatori, di costante di Planck, otterresti gli stessi risultati. Ma io non sono il tipo che manifesta, non sono quello che si mette alla testa del corteo o a capo della guarnigione, non sono quello che muore da eroe o non vede l'ora di farsi mettere in croce, gli direi caro Padre, bevitela tu quella merda. O forse no, fin che non lo vivi non lo puoi mica sapere, per esempio lo so che quando uno si tuffa per salvare uno che sta affogando di solito affoga pure lui, però se vedi un bambino che sta affogando come reagisci nella vita vera, gli fai ciao con la mano?

Anche oggi sto andando lungo, ma come fai a riaccumere tutta questa roba? Non trovo divertente né piacevole buttare il mio tempo a spiegare cose che per me sono elementari, se le trovassi già dette e scritte altrove non starei qui a sbattermi per fare arrivare informazioni ai ragazzi del futuro, che poi magari pensano che non ci aveva pensato nessuno e facciamo brutta figura come intera generazione. Volevo solo dire che stavolta la politica ha deciso di scaricare la responsabilità sui mercati nel tentativo di introdurre leggi che permettano ai governi di controllare i mercati e per avere la scusa di tassarli. I governi hanno speso troppo e hanno speso male e questo ha prodotto alti debiti pubblici e economie malfunzionanti. Quando la Cina è entrata nel WTO ha sconvolto dinamiche che stanno ancora cercando nuovi punti di equilibrio economico. I governi, dove per governi intendo gli Stati, non destre e sinistre spesso fittizie e di comodo all'interno delle singole realtà, realtà che vanno da tanta gente su poca terra con poche risorse, come l'Italia, a poca gente con tanta terra e risorse naturali (tipo gas e petrolio), governi che si trovano a non poter più garantire i livelli di spesa storici è logico che siano entrati in grosse difficoltà nel continuare a chiedere il consenso dell'elettorato. Governi che hanno foraggiato spesa improduttiva per garantire la pace sociale, per finanziare voto di scambio e accordi con le mafie o le multinazionali, insomma per tutto tranne che investimenti che si ripagano nel futuro. Governi che se la prendono con i mercati, gli 'speculatori' (uhhhh, che paura, mordono), al fine di impedire declassamenti e crolli dei prezzi, seguendo la folle logica che ho già spiegato sopra del se elimini i mercati elimini anche la crisi dei mercati, se riusciamo a essere noi quelli che decidono i prezzi di mercato non dobbiamo più preoccuparci che gli 'speculatori' comprino e vendano a prezzi che non ci piacciono per niente. Ragazzi del futuro, lo so che a voi sembra che sto dicendo delle cose banali, ma queste cose non le sento né leggo da nessuna parte, può darsi che sono io l'unico a sbagliare, l'unico stupido al mondo che non si unisce al branco, in tal caso meglio così. I governi ormai non possono più aumentare le tasse, anche mettere la Robin tax o altre tasse non farebbe che allungare un'agonia che va avanti da decenni, da quando si è innescata la corsa alla crescita, possono solo tagliare lentamente sperando che le cose si aggiustino e che non scoppino rivolte, oppure possono dare il potere all'ennesimo dittatorello eccitato e pieno di sé che si crede in missione per conto di dio e usa la forza per aggiustare economia e società a martellate.