venerdì 26 febbraio 2010

Il medicinale è una droga, ma la droga non è un medicinale.

Apriamo l'angolo dell'omelia, del consiglio paternalistico non richiesto. Lo faccio più per me che per chi potrebbe essere interessato ad ascoltarmi, ho il terrore che qualcuno consideri la mia opinione vincolante e non voglio che inizi a drogarsi pensando che non gli darei del pirla. Ci sono alcune verità che non possono essere messe in dubbio e si devono conoscere prima di decidere se provare una sostanza psicotropa oppure no.

Si può smettere. Non è vero. Non si smette, ci si astiene. A partire dalla prima assunzione non si smette più, si rimanda, si evita di ripetere. Non si torna vergini. L'unico modo per smettere è non cominciare mai, non provare nemmeno una singola volta. Il desiderio di provare la prima volta non è niente paragonato a quello di rifarlo. E più è forte la droga più è forte la presa che ha sul bisogno di riprovare l'effetto che fa.

La droga ti fa stare male. Non è vero. Ti fa sentire benissimo. Ti fa stare male quando finisce l'effetto. Anche droghe come alcol e tabacco ti fanno stare male fisicamente se sei un consumatore abituale e smetti all'improvviso di ficcarteli in corpo. Ma mentre le prendi ti fanno stare bene, è proprio quello il problema. Che poi è uno star bene relativo, nel senso che tu pensi di stare meglio, ma chi ti vede da fuori capisce subito che stai malissimo. Ti senti bene perché hai ceduto i comandi del tuo cervello e, almeno finché dura l'effetto, non ti senti più responsabile di te stesso.

La droga ti fa usare di più e meglio il cervello. Non è vero. Ti sembra di usarlo meglio, hai la sensazione di pensare in modo più chiaro, ma non è così. Gli effetti variano, alcune ti agitano, altre ti calmano. Alcune ti fanno ridere, altre ti gettano in un incubo a occhi aperti. Alcune ti fanno girare la testa, altre ti fanno sentire pieno di energia. Ma in realtà non fai meglio le cose che faresti senza droga, anzi, le fai peggio. Peggio ancora ti convinci che certe cose le puoi fare solo grazie alla droga e a quel punto sei fatto, sei finito, sei sconfitto.

È come farsi ingannare volontariamente. Mi dice: ma tu non hai provato, come fai a saperlo? Mi hanno dato la morfina per il dolore di un intervento chirurgico. Da quella volta se fosse legale prenderla, se fosse in vendita dal tabaccaio, probabilmente ci sarebbe un momento di sconforto, vero o inventato, per darmi la scusa di riprovarla. Sai che non devi farlo ma dentro di te ti autoassolvi, ti dici cose del tipo “Oggi ho l'emicrania”, “Oggi ho subito un'ingiustizia”, “Oggi mi è morto il criceto”, un sacco di scuse per giustificarti, per farti pena da solo. Massì, dài, la tua decisione è del tutto comprensibile, nei tuoi panni anche Gesù lo farebbe.

Io mi drogo. La mia droga è il tabacco. Sono dipendente dalla nicotina. Non bevo alcolici, non prendo pastiglie, mangio carne raramente. Sarei pulito come acqua di sorgente se non fumassi tabacco. Fumo il tabacco da pipa più scarso che c'è, il più economico. Ho i denti marroni, la lingua nera, la mattina tossisco e scatarro. Non sento più bene gli odori e i sapori. Il mio alito puzza di fumo, i miei vestiti puzzano di fumo. Esco di casa a fumare per non intossicare moglie e figlio, anche d'inverno, anche quando piove, pur di prendere la mia dose di nicotina.

Quando fumo penso a quanto mi fa schifo il fumo. Quando non fumo mi trattengo dal farmi un'altra fumata. Tutto le sere penso che mi sto uccidendo e che da domani basta. Appena sveglio la prima cosa che faccio è fumare. È questa la vita di chi prova sostanze che sviluppano dipendenza. Pensate a come sarebbe la mia biografia, a un certo punto ogni due parole ci sarebbe “fumò”, prese una dose di nicotina. Facciamo una somma del tempo che ho sprecato per soddisfare il bisogno di nicotina. Ore, giorni, mesi di vita buttati. Per cosa? Ormai fumare non mi fa nessun effetto, sto male se non fumo e non sto bene quando fumo. Si può essere più pirla di chi si droga? È come farsi venire apposta una malattia per poter prendere medicine tutta la vita.

mercoledì 24 febbraio 2010

Politicamente corretto.

Da wikipedia: “La sindrome di Down è una delle più note patologie prodotte da un'anomalia negli autosomi. Il nome deriva da John Langdon Down che ha descritto la patologia nel 1862, usando il termine mongoloidismo a causa dei tratti somatici del viso dei pazienti che richiama quelli delle popolazioni asiatiche orientali, quali i mongoli.”

Sono andato a cercare la definizione per due motivi: un gruppo su Facebook che proponeva l'uso dei mongoloidi (si può usare la parola mongoloide o è come dire terrone, negro, handicappato?) come bersaglio per il tirassegno e la condanna di Google per violazione della privacy nel non aver impedito a chicchessia di mettere in rete il video con un disabile (sul Corriere usano disabile, forse bisogna usare disabile, ma non è stato già sostituito da diversamente abile?).

Da noi non si può dire che uno è più intelligente di qualcun altro, figuriamoci dare dello stupido in faccia a qualcuno. C'è questa forma di ipocrisia sottile che spinge tutti a indossare una maschera di buonismo e perbenismo nell'affrontare pubblicamente situazioni drammatiche come la stupidità o il mongolismo o il morbo di Alzheimer.

Intendiamoci, io amo gli stupidi, amo i mongoloidi. Amo gli storpi, i gobbi, i sordomuti, i nani, gli ipotricotici, i diversamente profumati. Amo i focomelici, gli zoppi, gli autistici, gli isterici. Amo i chirurgicamente rifatti, i tossicomani, gli affetti da sindrome di ignoranza acuta. Immaginate un mondo di persone tutte uguali, tutte perfette, senza deboli di mente, senza corpi malati, sarebbe un incubo. Non potremmo apprezzare la fortuna di essere sani e sentirci grati a una potenza superiore per averci fatto incontrare qualcuno che sta conciato peggio.

Però c'è un però. Non possiamo usare due pesi e due misure. Se è vero che chi nasce con un difetto genetico va rispettato, anche chi nasce con una tara mentale va rispettato. A me fa più pena chi crea un gruppo contro i mongoloidi di chi ha un cromosoma in più. C'è questa credenza diffusa che per la sindrome di down non ci sia cura e invece per la deficienza intellettiva si possa fare qualcosa. Non è vero, non si può fare niente per far diventare intelligente uno stupido, per far diventare sensibile un ipoemotivo, per far diventare spirituale un materialista.

Questi individui che purtroppo hanno grossi problemi mentali e si scagliano contro i più sfortunati vanno capiti. Bisogna farglielo capire in modo delicato ma chiaro: siete stupidi, non è colpa vostra, vi vogliamo bene lo stesso. Vi lasciamo dire quello che volete purché ammettiate pubblicamente di avere grossi problemi e vi limitiate a parlare senza poi agire.

Ma a proposito di stupidità, veniamo alla condanna a Google. Google non può analizzare ogni singola cosa che viene messa in rete, non può essere considerato responsabile di ciò che fanno gli utenti con gli strumenti che Google mette a disposizione (gratuitamente, fra l'altro). Anche i nostri giudici esprimono la mentalità ipocrita e pelosa di cui sopra. Le motivazione poi ci fa dubitare se esista un limite alla stupidità : “Il diritto d'impresa non può prevalere sulla dignità della persona”. È una motivazione così ridicola che non merita neanche di venir commentata. Ehi, signori giudici, avete mai guardato certe trasmissioni alla TV?

Condanniamo anche chi ha venduto l'hardware a Google, non ha vigilato sull'uso che ne veniva fatto. Condanniamo chi fornisce a Google l'energia elettrica, non ha vigilato sull'uso che ne veniva fatto. Se questi hanno trattato male un disabile puniteli per aver trattato male un disabile, non per aver messo il video in rete. L'aver messo il video in rete dimostra che soffrono di stupidità congenita, la disabilità peggiore di tutte.


venerdì 19 febbraio 2010

Poeti, Santi e navigatori.

Per l'ennesima volta è partito un dibattito sulla corruzione, sull'etica, sulla selezione orientata a pratiche clientelari e non su valutazioni del merito e via discorrendo. L'Italia è malata ma, come diceva Montanelli, è tutta questione di mentalità, è una malattia nella testa, una patologia mentale. Gli italiani sono tutti matti. È inutile mettersi lì a criticare il comportamento di una persona quando l'abbiamo sottoposta per anni a elettroshock: l'italiano è così perché così l'avete fatto diventare voi.

Con voi intendo la classe dirigente. Coloro che hanno deciso cosa insegnare agli scolari. Coloro che hanno dato esempio di sporchi mezzi giustificati da un nobile fine. Ci avete fatto due coglioni così con l'ideologia e ora vi stupite che odiamo lo Stato e tutto quel che rappresenta, che abbiamo mandato al potere chi ci abbiamo mandato solo per poter sghignazzare di voi, che ci trattate da bambini e dite di sapere sempre cosa è meglio per noi quando invece siete prigionieri della fottuta guerra fredda e dividete il mondo in buoni e cattivi: chi sta con voi è buono, gli altri no. La superiorità morale di chi si sente autorizzato a demonizzare ogni forma di ribellione che non sia la propria. Sveglia! La guerra è finita, voi siete finiti.

Alle elementari ci facevano cantare bella ciao. Bastardi, ero solo un bambino. E poi mi venite a dire che siete diversi dai fascisti. Siete uguali, cambia solo il colore che avete scelto. Avevo appena imparato ad allacciarmi le scarpe e cantavo a squarciagola urla il vento soffia la bufera, la sapevo a memoria per tutte le volte che l'avevo sentita cercando di addormentarmi nel mio lettino, mentre in piazza le manifestazioni e i comizi andavano avanti fino a notte fonda. Cazzo, ero solo un bambino e già salutavo col pugno alzato. Gli scrittori italiani erano tutti di sinistra, i cantanti tutti di sinistra. Attori, comici, giornalisti. Anche magistrati, sicuro, medici, professori. Ogni strada verso la promozione in qualunque carriera era vincolata a tessere di partito. Dite che non è vero se ne avete il coraggio! Vie a piazze intitolate a Stalin, Lenin, Mao. Libri di storia dove ci sarebbe stato bene un timbro rosso con su scritto: 'attenzione, propaganda'.

Avete costretto i meridionali a scappare dalla loro terra e venire al nord, nella nebbia, così come ora fate venire qua gli africani: manodopera a basso costo. Avete statalizzato tutto per tenere in mano le redini del paese seguendo l'esempio di gente che aveva ottenuto il massimo dei voti all'esame di regime totalitario e dittatoriale. Da sempre i soldi dello stato li usate per tenere in vita il Partito, gli Ideali con la maiuscola. Gli altri paesi avevano partiti socialisti e liberali. Avevano una sinistra moderna e una destra moderna. Noi no. Noi avevamo una sinistra estremista, una sinistra verde, una sinistra fondamentalista, una sinistra riformista, una sinistra moderata, una sinistra cattolica, una sinistra socialista, una sinistra democristiana. E un partito fascista.

Ci si chiede perché l'Italia non è come gli altri paesi moderni. Ci si chiede perché fa così fatica a diventarlo e ha l'aria di chi non lo diventerà mai. Dobbiamo dire grazie al consumismo, alla coca cola e ai cartoni della Disney, agli anticorpi forniti da Hollywood se non siamo diventati come voi e ci siamo salvati. Fanculo Tolstoj, Dostoevskij e Gogol. Fanculo Ho Chi Min, Che Guevara e Krusciov. Fanculo Anna Karenina, il Bolshoi e Gagarin. Fanculo la cagna Laika, i piani quinquennali e la Printz verde. Fanculo l'america è il diavolo, la religione è l'oppio dei popoli e la proprietà è un furto. Fanculo Engels, Rousseau e Strauss.

Il risultato è che gli italiani vedono lo Stato o come un genitore amorevole che ci dà la paghetta a vita e sa sempre cosa è meglio per tutti o come un genitore che minaccia di sbatterci in mezzo alla strada se non dimostriamo di essere i figli che vuole. Gli italiani infrangono le leggi perché lo Stato le infrange per primo. Gli italiani basano la loro vita su relazioni 'mafiose' perché lo stato agisce così per primo. Rubano e evadono il fisco perché lo Stato per primo fa porcate coi soldi pubblici. Non studiano perché sanno che lo Stato premia la fedeltà e non l'intelligenza. Lavorano male e il meno possibile perché lo Stato ha insegnato che i datori di lavoro sono 'i padroni', grassi maiali approfittatori che vivono del sudore della povera gente.

Tutto questo è una malattia mentale che ha danneggiato l'Italia in mille modi. Non avendo una destra e una sinistra moderna, finché abbiamo potuto ci siamo aggrappati al partito della Chiesa, il grande centro. Adesso che non c'è più sguazziamo nelle macerie e cerchiamo di sopravvivere come possiamo, grattando il fondo del barile che voi avete costruito, non noi, l'avete costruito voi il barile Italia così com'è. Di farvi capire che siete vecchi, che è ora che vi ritiriate a giocare a carte in qualche ospizio ci abbiamo rinunciato da tanto di quel tempo che ormai abbiamo dato forfait. Rimanete lì, se proprio ci tenete, andate avanti così. Continuiamo a renderci ridicoli agli occhi del mondo.

mercoledì 10 febbraio 2010

Intanto che ci sei, sii anche puzzolente!

Per esprimere al meglio lo spirito dei tempi non c'è niente di meglio dell'esaltazione della stupidità. E chi meglio del marketing poteva escogitare, redarre, propagandare un manifesto filosofico che elenchi i vantaggi dell'essere stupidi? La deriva populista e demagogica che vediamo emergere in ogni campo inizia a mostrare la corda, sta grattando il fondo. Adesso hanno trovato motivi per rovesciare il dominio dell'intelligenza, per giustificare chi è stupido e per incentivare chi è intelligente a smetterla di credersi fortunato. La parte più insidiosa della tattica del creare dicotomie fittizie basata su puerili tautologie consiste nel porre automaticamente dalla parte del torto chi vi si oppone. È il trucco usato anche dalla campagna pubblicitaria battezzata: “Be stupid!”, sii stupido.

Faccio un esempio: dico che chi ama i cavalli è più buono di chi ama i cani. Se dici che non è vero, che è un teorema privo di senso, io dico che il motivo per cui rifiuti di accettare il mio ragionamento dipende dal fatto che ami di più i cani o non sei abbastanza buono da amare di più i cavalli. Qualsiasi cosa tu dica non hai scelta: o entri a far parte di chi ama di più i cavalli o devi ammettere di non essere abbastanza buono.

Sono espedienti di bassa lega dialettica, che però ottengono grande impatto su chi non possiede gli strumenti per affrontarli con, appunto, intelligenza. Stiamo assistendo a una fase storica in cui al posto di spronare gli individui a migliorarsi, li si difende, li si invoglia a peggiorare. Lo scopo è di vendergli qualcosa o ottenere il loro voto. E i destinatari della truffa sono contenti!

Non voglio partire affermando che uno stupido è ancora più stupido quando cerca di dimostrare che la sua stupidità è una forma diversa di intelligenza. Non voglio privarmi della speranza che gli stupidi abbiano una qualche utilità mai presa in considerazione prima d'ora, diversa per esempio da quella di una mucca o di un fermaporta.

La prima immagine che trovo dice che gli stupidi hanno le palle. Quando sei di fronte a un problema tirare fuori le palle è la soluzione ideale. Mi viene in mente l'Iran che vuole prenderci a cazzotti, le donne che 'cadono dalle scale', il bulletto che impennava col motorino. Anche l'intelligente ha le palle, ma capisce se e quando è il caso di usarle. Intelligente uno, stupido zero.

Gli stupidi non vedono cos'è ma cosa potrebbe essere. È un cacciavite ma potrei usarlo come arma. È una donna ma potrebbe essere una poltrona. È un computer ma potrebbe essere commestibile. Anche l'intelligente vede cosa potrebbe essere, ma lo fa meglio, in modi che lo stupido non riuscirà mai a uguagliare. Intelligente due, stupido zero.

Gli stupidi hanno storie, non fanno piani. Ah! L'improvvisazione. Agire d'impulso. Una capacità molto utile quando ti trovi, che so, in mezzo a una sparatoria, in una situazione di pericolo immediato che non ti lascia il tempo di escogitare la soluzione più efficace ed efficiente. Peccato che la probabilità di azzeccare la soluzione corretta tirando a caso sia molto bassa. Intelligente tre, stupido zero.

Saranno stupidi, ma ci sono arrivati da soli. L'immagine seguente dice che gli stupidi applicano una strategia di prova e sbaglia e il più delle volte sbaglia. E anche questa: lo stupido fallisce laddove l'intelligente non ci prova nemmeno. Intelligente mille, stupido zero.

Questa è bella: i pensieri stupidi sono interessanti. Peccato che i pensieri intelligenti lo siano di più. Lo stupido dice sì a quello che l'intelligente direbbe no. Beh, altrimenti non sarebbe stupido. Un'altra perla: gli stupidi ascoltano il cuore. Ah! L'appello ai sentimenti, che colpo basso. Peccato che i sentimenti più complessi richiedano una grande intelligenza per essere sperimentati.

Quando l'intelligente ha una buona idea, quell'idea è stupida. Un bel paradosso per mettere in difficoltà, finalmente qualcosa che richiede un minimo di intelligenza. Ma la vera domanda è: quando uno stupido ha una buona idea? Raramente? Mai?

Solo gli stupidi possono essere davvero brillanti. Nel senso che si fanno notare, come una merda di cane sul marciapiede, come un cartello di pericolo, come l'ego ipertrofico di un ipodotato. Gli stupidi creano, gli intelligenti criticano. Direi che la frase non è completa: gli stupidi creano stupidate, gli intelligenti le criticano - purtroppo inutilmente.

Riassumo: gli stupidi hanno le palle, non vedono cos'è, hanno storie, agiscono d'impulso, sbagliano, sono interessanti, dicono sì, ascoltano il cuore, sono brillanti. Non ci posso credere, è la descrizione del mio cane! Ci manca si lecca il pene, annusa culi, mangia il proprio vomito ed è lui, spiaccicato.

giovedì 4 febbraio 2010

Non sono un bamboccione, sto solo aspettando che muori.

Leggo molti interventi sul tema “bamboccioni”. La scelta del termine è infelice, esprime un pregiudizio: chi non si rende indipendente prima dei vent'anni è un grosso bamboccio. Etimologia: dal francese bamboche, vezzeggiativo di bàmbo, significa bimbo vispo e grassoccio ma anche piccola figura umana fatta di cenci che serve da trastullo ai fanciulli. Definizione: uomo goffo ed ingenuo che si lascia manovrare da altri, pupazzo, fantoccio.

Gli articoli che trovo in giro parlano di esperienze personali e raccontano tutti di uomini che, pur avendo imparato il giorno prima a rasarsi quattro peli molli sotto il naso, vanno in giro per il mondo, dormono in luridi pollai in compagnia di individui che probabilmente lavorano al circo, mangiano quello che trovano e la loro squallida e deprimente esistenza viene in qualche modo illuminata dal di dentro grazie all'energia dell'ottimismo e al vigore della gioventù.

Ora, io mi reputo moderatamente suggestionabile, ma proprio non riesco a credere che queste rievocazioni stonate non siano addolcite da una forma senile di nostalgia a scoppio ritardato. Cari tardoni, senza offesa, capisco che ci teniate a far bella figura, ma qualcuno ve lo deve dire: avete passato un periodo di merda. Andavate in giro come cani bastonati e avete avuto la fortuna di venirne fuori mentre magari quelli che dividevano con voi l'affitto del tugurio sono ancora là che tirano a campare. Forse credono che esista una specie di ricambio, come la naia. Quella sbucata dal baby boom nel dopoguerra è una generazione abituata a credere a un sacco di fesserie.

Sovrapporre un periodo storico a un altro, tipo il 1960 al 2010, cercando di tenere costante la variabile umana è un esperimento cervellotico che mi fa accapponare la pelle. Mi viene voglia di farli tornare giovani e rimetterli nelle stesse condizioni che ricordano con tanta esaltata gioia e meraviglia. Per tornare a piombo nella realtà basterebbe far loro contare quanti stipendi servivano allora e quanto adesso per comprare una casa o una macchina. Non puoi convincere la gente a correre in mezzo alla giungla dicendo io l'ho fatto e mi son divertito, solo che qua una volta c'era una strada asfaltata, che differenza vuoi che sia?

Forse sono io, è una mia deformazione del vero, ma ho come l'impressione che i padri e nonni attuali siano le due generazioni più egoiste e rapaci che siano mai esistite al mondo. Continuano a lavorare fino a restarci secchi pur di non lasciare un posto libero. Hanno contratti a tempo indeterminato e assumono a tempo determinato. Hanno inventato un sistema per cui prendono i soldi dagli stipendi dei giovani e li spendono loro sotto forma di pensione. Perfino i bambini si prendono: i genitori devono lavorare entrambi per arrivare a fine mese e i loro figli se li godono loro, i vecchi. Odiosi bastardi. Ops, scusate, m'è scappata.

Non voglio esagerare, ma perfino il mondo intero si son fumati. Ecosistema distrutto, foreste scomparse, specie animali estinte. Coralli sbiancati, ghiacciai sciolti, clima sconvolto. Non contenti dei danni causati ci ridono addosso, ci danno dei bamboccioni. Mi ci metto anch'io, anche se ho 40 anni, per solidarietà. Ci accusano di non abbracciare la filosofia pseudocalvinista del labor nobilitat quando, se fai due conti, non solo gran parte del tuo tempo ma anche dello stipendio lo spendi per lavorare. La tua vita diventa un incubo. “Uomo goffo ed ingenuo che si lascia manovrare da altri” mi sembra più adatto per chi accetta questo sistema piuttosto che esprimere una forte protesta campando a sbafo a spese del nemico generazionale.

Se a questo sommi la controspinta mediatica di un marketing incentrato sul godersi la vita, ti accorgi che i giovano hanno di che andare in cortocircuito. Da una parte ti mostrano persone eleganti che bevono alcolici come cammelli, scopano come vecchietti in stato avanzato di alzheimer imbottiti di viagra, guidano macchinoni spaziali per raggiungere pittoresche magioni assolate, passeggiano su spiagge tropicali da favola, insomma hanno trovato un pozzo di petrolio in giardino. Dall'altra ti dicono di andare a vivere da solo in uno scantinato puzzolente gestito da un egiziano che fa ballare coltelli a farfalla, lavorando come cameriere in una bettola cinese che spaccia nutrie per pollo, metter su lo stesso famiglia – ah, l'amore, come negli anni '60, uguale, vero? - col rischio di trovarti da solo con gli alimenti da pagare, ché altrimenti sei un bamboccione.

Sono completamente dalla parte dei bamboccioni. Fatevi scrivere la parola sulla carta d'identità, alla voce professione. State in casa coi genitori, vendicatevi, fategliela pagare. Un bello sciopero generazionale, altro che. L'inno al saprofita, la rivincita dei dissanguati. Una doppia rinuncia, sia allo stile di vita proposto dalla pubblicità che a quello suggerito dai vampiri schiavisti che indorano la pillola. Niente lavoro, niente tasse da pagare, niente bambini a far da vittime future in un mondo già sovrappopolato. Non sono bamboccioni, sono i nuovi edonisti, gli asceti dell'essenziale, i pionieri del downshifting, andatevi a googlare la parola, tardoni analogici.